Il film del weekend

"Le Mans 66", la rivalità tra Ford e Ferrari si prende il grande schermo

Non solo una pagina di storia dello sport ricostruita in maniera impeccabile ed emozionante, ma anche un inno all'amicizia e il racconto della lotta tra talento e marketing.

"Le Mans 66", la rivalità tra Ford e Ferrari si prende il grande schermo

"Le Mans 66" di James Mangold racconta una storia vera, quella che all'inizio degli anni '60 vide la Ford progettare un'auto in grado di sfidare il predominio delle Ferrari nella celebre corsa della durata di 24 ore di Le Mans.
Nel film, uno di quelli dal fascino vecchio stampo, l'epica sportiva si mischia al racconto biografico e le oltre due ore e mezza di durata scorrono via, ricche di vibrante spettacolo.
Si inizia nel 1963, anno in cui il fallito tentativo della Ford di acquistare il marchio italiano acuisce la già marcata rivalità tra le due case automobilistiche. Henry Ford II decide di far costruire una vettura in grado di spuntarla sulle altre nella 24 ore di Le Mans, gara celeberrima dominata quasi sempre dalle Ferrari. L'impresa è affidata a Carroll Shelby (Matt Damon), pilota già vincitore su quel circuito e ora dedito alla progettazione. Quest'ultimo, nonostante lo scetticismo della Ford, sceglie di mettere alla guida il suo fedele amico e collaudatore Ken Miles (il poliedrico e sempre magistrale Christian Bale), tanto talentuoso quanto dal carattere complicato. Miles è pilota nell'anima, vive in simbiosi con la vettura e si dedica con amore e umiltà alle modifiche necessarie a renderla migliore. Dopo una serie di vittorie, tutto è pronto per lo scontro finale.
La gara citata nel titolo occupa l'ultimo terzo della durata del film. Vi si arriva emotivamente molto coinvolti perché la precedente ora e mezza è interamente dedicata allo sviluppo dei personaggi principali e dei loro rapporti.
Prima della mitica competizione, l'arco narrativo coincide quasi interamente con l'immersione nel "dietro le quinte" non solo di una corsa ma della sua preparazione: da un lato i dubbi di progettazione, l'auscultazione dei segreti del motore e le preoccupazioni ai box, dall'altro i diktat di una strategia aziendale disinteressata al codice morale del pilota.
La lunga sfida a distanza tra due concezioni diverse nella produzione dell'auto, la Ford votata al profitto e la Ferrari all'eccellenza, è raccontata in parallelo a una battaglia che si combatte all'interno della casa americana stessa. "Le Mans 66", è abbastanza evidente, allude a come marketing ed esigenze commerciali dettino legge anche oggi, a Hollywood e nel business, finendo per mettere i bastoni tra le ruote all'espressione del talento autentico, qualcosa di raro e senza padroni. Oltre a questo retrogusto polemico, naturalmente c'è molto altro: un'ode alla forza di volontà, alla resilienza e all'amicizia, quella fondata sulla fiducia reciproca e in cui le capacità si uniscono per uno scopo comune, fosse anche realizzare l'impossibile.
Lo sforzo produttivo titanico ha permesso l'ingaggio di un reparto tecnico e artistico di altissimo livello. Sceneggiatura a orologeria e montaggio serrato caratterizzano un girato in equilibrio tra adrenalina, ironia e commozione, in cui il lato umano della vicenda non è mai messo in ombra da quello sportivo.
Far tacere il campanilismo e tifare per Miles viene naturale, perché è accanto a lui che da spettatori proviamo il brivido di essere al volante di una macchina da corsa a 7.000 giri al minuto.


Ovviamente il film sarà ancora più avvincente per chi non conosce già la conclusione di quella che fu una pagina memorabile dell'automobilismo.

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