Cultura e Spettacoli

"Il mio talk show prenderà a pugni tutti i buonismi"

Il conduttore del programma radio La Zanzara sbarca su Rete4: "Io e Parenzo faremo la rivoluzione. In studio voglio delle belve"

"Il mio talk show prenderà a pugni tutti i buonismi"

Emblema del trash radiofonico per alcuni, veri innovatori della formula infotainment con la trasmissione La Zanzara per altri, Giuseppe Cruciani e David Parenzo sbarcano in tv con Radio Belva, domani in prima serata su Retequattro. Gli spot televisivi all'insegna della distruzione del talk show tradizionale (con colonna sonora di Pulp fiction in sottofondo) promettono aria nuova in un palinsesto intasato di talk politici, spesso con risultati di audience non esaltanti. Riuscirà l'esperimento Radio Belva? «Come share ci accontenteremo di stare sopra lo 0,8, 1 per cento. Poco sopra il monoscopio ci basta» ironizza Cruciani. Da un po', sull'onda dei successi della Zanzara (che non abbandona), si parla del suo grande salto verso la televisione. Il momento è arrivato.

Non è il classico talk con le sedie o due contro due. E allora cos'è?

«Sarà una specie di Fight club del talk show: un fight talk. Due ospiti al tavolo, in onda in momenti diversi della serata, che saranno un po' scandalizzati e un po' triturati da me, da David, e dagli ospiti fissi con cui partiremo: Maria Giovanna Maglie, Luisella Costamagna e Alan Friedman».

Perché dice «partiremo»? Sono in prova?

«Siamo tutti in prova, lo è il programma, figuriamoci gli ospiti fissi. Volevamo opinionisti che fossero “belve” come noi: che parlano chiaro e non hanno paura di esprimere opinioni nette. E vorremmo creare un ambiente “familiare”, stile La Zanzara: non ci interessano le liturgie dei talk show tradizionali».

Come collocazione finite contro La Gabbia di Gianluigi Paragone...

«Non solo contro di lui: siamo anche contro Chi l'ha visto, le fiction, il calcio quando ci sarà...».

La Zanzara sarà il modello di riferimento?

«Sì e no, certo che non ci potremo discostare molto da quel modello: già è difficile fare due prodotti bene. E poi in fondo siamo sempre noi, essere troppo camaleontici è impossibile, anzi inutile».

Ha fatto un programma radio rivoluzionario. Ma i maligni dicono che lei in tv non funziona...

«Però non ho mai condotto programmi d'attualità in tv, e comunque finora non ho conosciuto la parola flop, il fallimento è qualcosa che, fino ad adesso, non ho mai sperimentato. Certo può darsi benissimo che vada male: se uno si mette in gioco deve accettarne le conseguenze. Non è che la lucina rossa ci spaventa, il problema è trovare dei meccanismi che possano rendere la spontaneità che c'è in radio».

Non è facile trasportare la tecnica del “caravanserraglio” in tv. Ma c'è qualche conduttore che ha preso a modello?

«Non ho mai avuto dei modelli, ma ad esempio apprezzo proprio Paragone. È diverso da me, però mi piace molto più di Floris. Ha saputo personalizzare il talk. Anche se alla Gabbia si prendono troppo sul serio. Non direi mai una frase che ha usato Gianluigi: “Mi temono”. Penso, con tutto il rispetto, che dire una cosa così sia una stupidaggine».

È arrivato alla conferenza stampa Mediaset con pugno chiuso. Sarà libero dal punto di vista editoriale?

«La cifra è, appunto questa: non prendere le cose troppo sul serio. Se Mediaset ci compra vuol dire che sa chi prende, sanno che usiamo un linguaggio schietto (in tv lo faremo un po' meno). I paletti editoriali ci sono come in tutte le aziende, ovvio. Ma se uno li vive in maniera realistica e positiva non sono un problema».

Passa per un cinico spietato. In un tweet dell'altro giorno scriveva «Forza Camillo Langone», che aveva attribuito la strage di migranti a Lampedusa alle politiche di accoglienza, e per questa posizione era stato massacrato sui social...

«Con Langone in precedenza ho polemizzato pesantemente sulla questione gay, ho anche mandato in onda una telefonata con lui, registrata di nascosto, in cui diceva che la nostra trasmissione era una merda. Questo non mi impedisce di dire “Forza Langone” quando dice delle cose originali sulla questione dell'immigrazione».

Lo prenderebbe come cattivo fisso in trasmissione?

«Mi piacerebbe, sì».

Parecchi la ritengono un combattente contro il politicamente corretto.

«L'Italia si riempie la bocca di buonismo generico, e bisogna evitarlo il più possibile, in tv, in radio: vorrei fare una trasmissione spoglia di questo tipo di linguaggio. Dire “provo orrore per quello che è successo a Lampedusa”, le sfilate dei politici: tutte cose che appena le sento mi si rizzano i capelli. Certo non bisogna cadere nell'eccesso opposto».

Agli inizi in radio faceva una sobria rassegna stampa internazionale intitolata Linea al mondo. È diventato cinico per interesse?

«Può crederci o non crederci, ma non è così».

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