Cultura e Spettacoli

Morto Luigi Lunari, fece grande il "Piccolo" ricreando i classici per l'amico-nemico Strehler

Il suo «Tre sull'altalena» è forse il testo teatrale italiano più rappresentato al mondo

Morto Luigi Lunari, fece grande il "Piccolo" ricreando i classici per l'amico-nemico Strehler

Segue così, improvviso - a una sequela di messaggi che annunciano sold out alle repliche dei suoi lavori - il post della famiglia di Luigi Lunari che annuncia, sul profilo Facebook del drammaturgo e saggista, la sua scomparsa, a Ferragosto, a Milano, dove era nato nel 1934. Il teatro è stato il centro della vita di Lunari e per il teatro ha scritto, esattamente trent'anni fa, Tre sull'altalena, forse il testo italiano più rappresentato al mondo. Ma il suo rapporto con il teatro inizia molto prima, nel 1960, al Piccolo di Milano, in cui venne incaricato, tra l'altro, della cura dell'Ufficio Studi, dove creò il nucleo di quello che oggi è uno degli archivi storici teatrali online più godibili e vasti al mondo.

Ci rimase vent'anni, al Piccolo, in un periodo in cui quel palcoscenico divenne uno dei perni della vita culturale della città. Vent'anni in cui, fianco a fianco con Paolo Grassi e Giorgio Strehler, divenne il dramaturg più incisivo della sua generazione, in un'epoca in cui la parola dramaturg in Italia non era nemmeno conosciuta: tradusse Brecht, Shakespeare, Molière, Cechov con la competenza non di un traduttore, ma di un autore. Era praticamente poliglotta, ma più di tutto era uomo colto e sopra a ogni cosa colto di teatro: dunque seppe ri-creare in italiano fedelmente non soltanto la lingua dei capolavori drammaturgici stranieri, ma anche la loro «teatralità». Di Strehler, poi, sapeva tutto: vizi, virtù e narcisismi. Lo dimostrò quando, nel 1991, ormai da tempo lasciato il Piccolo non senza che la fattura si colmasse di polemiche, scrisse Il Maestro e gli altri (La Vita Felice), un libretto biografico che, di nuovo precorrendo i tempi, squarciò con coraggio un velo sulla controversa personalità del regista, con «ironia, fulminante perfidia, ilarità e affetto», come scrisse Aldo Grasso in una recensione.

Fu sceneggiatore per radio e televisione, saggista con una decina di studi pubblicati all'attivo e scrisse oltre venti copioni, tra cui Non so, non ho visto, se c'ero dormivo (1966), Il senatore Fox (1979), L'uomo che incontrò se stesso (1995), Sotto un ponte lungo un fiume... (2004), Il canto del cigno (2006). Ma Tre sull'altalena fu il testo originale che più gli diede fama: «Una macchina di fantastica fattura», questo il giudizio di Dario Fo. Un testo tradotto in 18 lingue, che però in Italia ha avuto soltanto un allestimento importante - nel 1994, al Carcano di Milano, con la coppia Pambieri-Tanzi - ed è stato per il resto sempre snobbato dai teatri importanti, compreso il Piccolo che tanto deve a Lunari.

A ripagare l'indubbia efficacia della commedia, le centinaia di rappresentazioni in tutto il mondo, sempre esaurite, e le mise-en-scène di decine di compagnie «minori» o amatoriali, che hanno apprezzato il suo umorismo, spesso considerato commerciale da chi non ha saputo riconoscervi la particolare, inconfondibile, matrice lombarda.

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