Cultura e Spettacoli

È morto Umberto Lenzi il padre del poliziottesco e anche del «Monnezza»

Spaziava da Pasolini a Tomas Milian. La critica lo snobbò. Quentin Tarantino lo ha riscoperto

È morto Umberto Lenzi il padre del poliziottesco e anche del «Monnezza»

Umberto Lenzi, morto ieri a 86 anni, è stato uno degli ultimi grandi artigiani del cinema italiano. Nato a Massa Marittima nel 1931, Lenzi resterà nella memoria soprattutto come «Re dei poliziotteschi». Ma questo toscano dalla battuta sempre pronta e dall'ironia sferzante (anche verso se stesso) era un cineasta poliedrico, capace di passare dalla cinepresa alla sceneggiatura, spingendosi in vecchiaia sino alla scrittura di gialli che hanno avuto un discreto successo. Certo, sino a che Quentin Tarantino non ha detto chiaro e tondo che Lenzi e alcuni dei suoi film - come Milano odia: la polizia non può sparare (1974), Roma a mano armata (1976) e soprattutto Incubo sulla città contaminata (1980) - erano dei punti di riferimento assoluti, la critica italiana ha semplicemente etichettato Lenzi come un bulimico regista di serie B.

Lui, che davvero è stato uno Stakanov di Cinecittà, girando 60 pellicole e sceneggiandone almeno 40, faceva spallucce di fronte ad accuse del genere. In un'intervista di alcuni anni fa diceva al Giornale: «Perché ho girato Cicciabomba? E dàgli... Non è che mi sembrasse una bella idea, mi servivano i soldi. Ma perché non mi chiedete mai di Il grande attacco? Perché non mi chiedete di quando ho diretto Helmut Berger o Henry Fonda?». E peraltro anche in quella produzione con un cast di alto livello riutilizzò immagini girate per altri film e abbassare il budget... Ma la genialità di Lenzi era questa: la capacità di mischiare il pop e il colto, di cercare nel prodotto di genere ciò che il film colto non sa trasmettere. Sempre per usare le sue parole (in cui mischiava toscano e romanesco): «La gente va al cinema pe' ride o pe' piagne o pe' ave paura. E quello gli ho dato... E con i film di genere ho raccontato l'Italia. I gialli dei quartieri raccontavano il boom, i poliziotteschi gli anni '70... Oh si sparava per strada. Invece Cannibal Ferox e Mangiati vivi! li ho fatti perché dovevo pagare le tasse, avevano fatto degli studi di settore con il risultato che mi tassavano come se fossi Scola. E allora ho fatto il cannibal. All'estero è stata la mia cosa che è piaciuta di più. Ci ho campato per dieci anni. Direi che era una cagata».

Il cinema Lenzi l'ha avuto nel sangue sin dalla giovinezza. Ragazzino vide, a Massa Marittima, Il pensionante (1944) un noir di John Brahm. L'amore iniziò così. Finito il liceo, di cui ricordava un professore che gli spiegava Ejzenstejn, si iscrisse al Centro sperimentale di cinematografia a Roma, dove si diplomò con un corto, I ragazzi di Trastevere. Era il 1956 e il corto era ispirato da Ragazzi di vita di Pasolini che Lenzi era andato a incontrare per chiedere il permesso di utilizzare quei personaggi. Poi lavorò come aiuto regista fino a quando venne notato da un produttore che gli affidò («je damo du' lire...») un film di pirati: Le avventure di Mary Read. Solo dopo un bel po' di pellicole bellico-salgariane (quello che andava all'epoca) Lenzi iniziò a specializzarsi nel giallo all'italiana, declinandolo in chiave sexy. Ne nacque una trilogia interpretata da Carroll Baker che lui definì «thriller dei quartieri alti»: Orgasmo (1969), Così dolce... così perversa (1969) e Paranoia (1970). Nel 1972 con La polizia ringrazia di Steno nasceva il poliziottesco e Lenzi ne annusò subito le possibilità. Creò un sodalizio d'acciaio con Tomas Milian che ricordava così: «Recitava benissimo, si era anche fatto insegnare il romano da un pesciarolo... Però l'azione no, bisognava prendere la controfigura anche per fargli accendere la moto». Lenzi, Milian e lo sceneggiatore Dardano Sacchetti crearono anche Er Monnezza il criminale più scombinato della filmografia italiana. Intanto alcuni critici, adusi a guardare lo schermo dell'ideologia e non quello della sala, accusarono lui, anarchico, di essere l'alfiere di una destra poliziesca e reazionaria.

I cannibal e gli horror degli anni '80 erano, per stessa ammissione di Lenzi, meno originali, ma Lenzi da artigiano di lusso cercava sempre di portare a casa il prodotto anche quando gli affidavano film per la tv: «Volevano roba che facesse vendere i pannolini o i detersivi, io gli ho dato La casa del sortilegio. Non hanno mai avuto il coraggio di mandarla in onda... Altro che detersivi, io nelle lavatrici ho sempre messo i pezzi di cadavere...». Chissà cosa avrà pensato quando nel 2004, di fronte a un inutile film con una inutile scena di nudo, al festival di Venezia qualcuno ha urlato in sala: «Dateci Orgasmooo» che veniva proiettato dopo.

La rivincita di Lenzi, quasi un titolo da poliziottesco.

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