Cultura e Spettacoli

"MotherFatherSon", Richard Gere debutta in una serie tv

Il divo convince nei panni di un duro magnate dei Media alle prese con un dramma familiare e intrighi politici. Abbiamo visto in anteprima i primi due episodi, ecco di cosa si tratta.

"MotherFatherSon", Richard Gere debutta in una serie tv

Stasera su Sky Atlantic e su Now Tv alle 21,15 debutta una serie tv, "MotherFatherSon", che vede protagonista Richard Gere. La star non compariva in un prodotto nato per la tv dal lontano 1976, in cui prese parte a un episodio di "Kojak". Insomma, siamo di fronte a un piccolo avvenimento e se aggiungiamo che il celebre attore in quest'opera ha il ruolo di un uomo di fascino e potere, va da sé che la curiosità si accenda.

In anteprima sono stati forniti solo i primi due episodi degli otto che compongono la serie, ma quel che intanto si può dire è che le dinamiche messe in atto nell'incipit agganciano lo spettatore. Si parla di politica in toni oscuri, quasi da thriller, ma soprattutto si esplorano le tossiche dinamiche familiari di individui che sembrerebbero avere tutto dalla vita.

"MotherFatherSon" racconta infatti le vicende e l'interiorità di tre persone che non conoscono gioia in quella che è sì una splendida cornice ma soprattutto una tragedia shakespeariana.

Gere interpreta Max Finch, l'uomo a capo di un impero mediatico britannico, e l'abito del ricchissimo magnate gli calza a pennello. Figlio di un re dell'acciaio, nel settore della comunicazione è un self-made man che sprigiona carisma anche parlando di biscotti. Sembra un'iperbole, invece è il preciso riferimento a una scena in cui valuta un papabile primo ministro: cosa normale per chi, come lui, è in grado di influenzare le elezioni. Glaciale, imperscrutabile, ma anche affabile quando serve al cerimoniale, Finch ha un talento per le relazioni con "quelli che contano" e sa come vitalizzare (e magari orientare) la discussione politica sui Media. Il suo è un pragmatismo così lucido da farsi minaccioso (da incorniciare la "lezione" su come posizionare le sedie in uno scontro tv tra candidati). Il talento, l'energia e l'ambizione, eternamente dirette verso il successo lavorativo, hanno fatto sì che questo schiacciasassi lasciasse dietro di sé macerie nei legami familiari. E siccome non basta il nepotismo a riempire il vuoto lasciato in altri ambiti, il figlio Caden (Billy Howle), direttore di un importante quotidiano di proprietà di famiglia, non è esattamente a suo agio nei panni dell'erede. Visivamente è all'altezza della dinastia, con la sua eleganza affettata, la giusta educazione, il prevedibile corredo di status symbol, ma della grinta paterna non c'è traccia. L'immagine perfetta è lo scudo sociale a quanto d'impresentabile c'è dietro: un uomo corroso da un risentimento indicibile nei confronti della figura paterna. Il genitore che gli ha donato la vita dei sogni, infatti, è lo stesso che in lui ha compromesso irreparabilmente la personalità, l'identità e l'affettività. Schiacciato dalle aspettative che ricadono sulla discendenza di un numero uno, Caden, una volta chiusa la porta del suo super-attico, dà sfogo ai demoni interiori. La situazione precipita dopo una conversazione in cui la crudeltà involontaria del padre si fa di un taglio sottile da gourmet, giocando attorno ad un termine, "accoutrements". La successiva e usuale via di fuga del giovane è fatta di cocaina e sesso a pagamento ma le conseguenze stavolta sono terribili, un ictus. Al suo capezzale la madre (Helen McCrory), che ancora gli parla come al "bambino sensibile" di cui ha perso l'affidamento molti anni prima, capisce di avere davanti quel che resta di "un tossico incapace di innamorarsi". (La scena di sesso con la escort è di una compostezza iniziale feroce: la dice lunga sul rapporto tra sesso e potere ma anche su come talvolta una mascolinità frustrata nel quotidiano possa cercare il controllo assoluto nell'alcova).

Interpreti validi e temi intriganti non bastano come indizi di qualità ma l'augurio è che i restanti episodi di "MotherFatherSon" siano almeno al livello dei primi due.

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