Cultura e Spettacoli

Nel borgo "celeste" di Castiglione Olona

Seicento anni fa la fondazione della Collegiata, attorno a cui nacque la "città ideale"

Nel borgo "celeste" di Castiglione Olona

Castiglione Olona (Va). Fu esattamente oggi, seicento anni fa, il 7 gennaio del 1422, che papa Martino V, con apposita bolla, concesse al cardinale Branda Castiglioni (1350-1443) - principe della Chiesa, letterato, «Italiano di origine, lombardo per stirpe e cittadino milanese», come lo definì il suo segretario, il prete moravo Giovanni da Olmutz - di avviare la costruzione della Collegiata che da allora, sei secoli e 350 metri sul livello del mare, tra i laghi di Como e di Varese, 20 chilometri dal confine svizzero e 60 dal centro di Milano, domina il borgo di Castiglione Olona, la prima città ideale di quello che, all'epoca, fu il nascente Umanesimo.

Fede, arte, cultura. A nord del profondo nord, fra il profilo del Rosa e la brughiera lombarda. Benvenuti a Castiglione Olona, comune di settemila cittadini ma il cui centro storico, gioiello urbanistico-architettonico di pochi chilometri quadrati, conta lo stesso numero di abitanti di seicento anni fa: neanche un migliaio. Oggi ci vengono molti turisti, dai laghi, dalle città lombarde e dalla Svizzera, e anche qualche ricco industriale in fuga da Milano, per risiedervi, in cerca di una vita più a dimensione-Uomo. Che proprio l'Umanesimo ci ha insegnato essere «misura di tutte le cose».

Eccolo il sogno sognato, e realizzato, dal cardinal Branda Castiglioni, il quale quando cominciò la costruzione della Collegiata era un giovane idealista di 72 anni - che è come dire un ultracentenario di oggi - e quando morì, 93enne - tanto gli garantì una vita di lettura, preghiera e brodini di pollo - lasciò dietro di sé non una semplice «città ideale» con quarant'anni di anticipo sulla più celebre Pienza di Enea Silvio Piccolomini, ma qualcosa di ancora più complesso: una visione.

In pochi anni, sei secoli fa, il cardinal Branda Castiglioni ridisegnò il borgo di famiglia secondo i canoni urbanistici e sociali dettati dalla cultura umanistica. Chiamò a costruire la Collegiata i ticinesi Alberto, Giovanni e Pietro Solari, figli di Marco da Carona, architetto capo del nascente Duomo di Milano. Per affrescare la volta della chiesa e sopratutto il battistero - una delle grandi meraviglie dell'intera Lombardia: il ciclo di affreschi con le Storie di san Giovanni Battista è un capolavoro assoluto - si affidò a Masolino da Panicale e a Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta. Aprì grandi cantieri, fece risistemare il Palazzo di famiglia - abitato da un nobile discendente della casata Castiglioni fino al 1980, poi ceduto al Comune, oggi museo - e ne costruì uno per i suoi familiari, qui di fronte; edificò nella piazza del borgo la chiesa del Santissimo Corpo di Cristo chiamata «di Villa», cioè de la ville, del popolo (primo esempio di architettura brunelleschiana fuori dalla Toscana), con i due colossi di San Cristoforo e Sant'Antonio in pietra molera sulla facciata; fondò - ecco l'idea umanistica, rinascimentale, cioè rivoluzionaria per l'epoca - una scuola gratuita per i ragazzi della zona: la Scuola di Canto e Grammaticaa; e poi risistemò la rocca con la chiesa e la cappella di San Giovanni Battista, dotò il borgo di una biblioteca (cosa altrettanto rara per l'epoca) e donò alla comunità il Pio Albergo dei poveri di Cristo, per soccorrere gli indigenti e accogliere i pellegrini di passaggio lungo la Via Francisca che dal passo del Lucomagno arrivava a Pavia. Eccolo qui l'antico Spedale: oggi è diviso in due. Sotto un centro polifunzionale, sopra le case Aler, segno di una vocazione all'accoglienza che continua dopo sei secoli... Il cardinal Branda Castiglioni, il quale guardava all'Uomo nella sua completezza, questo volle e questo costruì: un borgo ideale - racconta Laura Marazzi, conservatrice del Museo della Collegiata - per risiedere, per pregare, per educare, per soccorrere...

Sta proprio qui la vera opera del cardinal Branda Castiglioni, di cui si festeggiano i 600 anni: non un singolo edificio, non un semplice piano urbanistico, né un atto di puro mecenatismo. E neppure - che sarebbe tantissimo - l'innesto radicale di cicli di affreschi di maestri toscani dentro un'architettura che parlava correttamente lombardo. Ma la scelta di ri-fondare un nuovo borgo, ideale, cioè perfetto, con una innovativa apertura europea, che a Sua Eminenza arrivava da una vita ricca di viaggi e missioni diplomatiche a stretto contatto con i protagonisti del suo tempo, papi, re e Imperatori... Le campane della Collegiata furono fatte arrivare dalla Gran Bretagna, gli arazzi dalle Fiandre, molte maestranze erano boeme, il maestoso chandelier in ottone della Collegiata, del XV secolo, è di manifattura fiamminga... Un paese fuori dal mondo, dentro il suo tempo.

Da molti anni ormai i visitatori che arrivano a Castiglione Olona - «prezioso scrigno quattrocentesco» recitano le guide turistiche - è accolto da uno slogan ad effetto ma che mostra l'usura del tempo, come tutti quelli di Gabriele d'Annunzio: «Benvenuti nell'isola di Toscana in Lombardia». La definizione nacque sulla scorta di un noto scritto in cui il Vate raccontava il «meraviglioso piacere» che ebbe quando, entrato nel Battistero della Collegiata, si trovò «immerso nella pittura di Masolino come in una fresca prateria toscana fiorita di fiori gialletti e rossetti». Per lui Castiglione Olona era una «specie di mistica cittadella fiorentina edificata sul colle lombardo».

Oggi Castiglione Olona è persino qualcosa di più. Un centro d'arte unico in Italia per concezione e sviluppo. Un'opera totale («Non si possono comprendere le singole parti se non si è visitato il tutto», è il consiglio del direttore del Museo della Collegiata, Dario Poretti, che ci accompagna qui in giro). E un museo diffuso: il lungo tour lungo la storia dell'arte comincia con i vicini insediamenti di Castelseprio e Torba, e finisce con il MAP, il Museo di Arte Plastica allestito nelle sale affrescate del trecentesco Palazzo dei Castiglioni di Monteruzzo che raccoglie le opere prodotte tra gli anni '60 e '70 dal laboratorio di ricerche della Mazzucchelli Celluloide - famiglia imparentata con i Castiglioni - che all'epoca era la fabbrica più importante d'Italia nella produzione di materiale plastico. Dopo i Masolino da Panicale, i Vecchietta e i Neri di Bicci, fu la volta, fra sperimentazione e design, di Baj, Accardi, Man Ray..

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