Cultura e Spettacoli

Nel Memoriale che ci porta a fianco dei "ragazzi del '99"

Apre a Montebelluna l'esposizione dedicata al primo conflitto mondiale. Fra trincee, gallerie, armi e aerei

Nel Memoriale che ci porta a fianco dei "ragazzi del '99"

A Montebelluna, a pochi chilometri dal Piave dove infuriarono alcune tra le battaglie più violente della Prima guerra mondiale. È qui, nella cinquecentesca villa Correr Pisani, che la Regione Veneto ha creato il più importante memoriale italiano della Grande guerra. Presentato ieri alla stampa (l'apertura al pubblico sarà sabato prossimo), il MEVE, Memoriale Veneto della Grande Guerra, nasce con un investimento di cinque milioni e mezzo di euro. A differenza di molti monumenti e sacrari già esistenti, è pensato, attraverso 24 sale, ad alto livello di multimedialità, con 2mila e 100 metri di esposizione per far rivivere ai visitatori l'esperienza quotidiana di milioni di uomini mandati al fronte. Attraversarlo è quasi come salire in una macchina del tempo.

La prima e la seconda sala, ad esempio, sono un ponte virtuale tra noi cittadini dell'oggi e quei ragazzi di cento anni fa. Mostra quante cose per noi oggi di uso comune (da certi medicinali ad alcune linee ferroviarie) siano nate proprio durante l'enorme sforzo di uomini e mezzi durante il conflitto. Dalla terza sala si viene catapultati verso il passato, prima nell'incoscienza sonnambula della Belle Epoque che sognava un futuro radioso in stile «Ballo Excelsior», poi nell'improvviso choc provocato dall'assassinio dell'Arciduca d'Austria Francesco Ferdinando, a Sarajevo, il 28 giugno del 1914. Ogni stanza contiene un pezzo dell'inferno in cui precipitò l'Europa. Una delle più crude è la stanza dedicata alla guerra come l'avevano immaginata i generali: rapida, di manovra. Ci si attendeva un conflitto magari cruento, ma tutto élan, slancio, così lo definivano i generali francesi come Foch, o come l'aveva teorizzata Cadorna. Andò in modo completamente diverso. Gli eserciti rimasero inchiodati nelle trincee. E quelle italiane, in quota, spesso nemmeno trincee si potevano definire, bensì muretti di sasso dietro cui si dormiva all'addiaccio per settimane, mesi. Come illustra bene la stanza 8, collegata alla precedente dalla scala della retorica (dove si mostrano i filmati trionfalistici voluti dagli stati maggiori e si sentono risuonare i loro comunicati), il badile, quasi quanto il fucile, diventa uno strumento irrinunciabile nell'equipaggiamento del soldato nella costruzione di una realtà nuova: camminamenti, città di ghiaccio, gallerie. La guerra reale è una guerra stanziale, di stallo, dove vincere dipende dalla quantità di soldati che le nazioni possono mettere in campo e sacrificare, dalle innovazioni tecnologiche, dalla capacità di sopravvivere e conquistare territori anche in luoghi estremi. Diventò necessario costruire un apparato logistico e strategico che permettesse di portare al fronte continui rifornimenti di soldati, materiali, vettovagliamenti, assistenza medica. Il visitatore viene immerso (attraverso strumenti multimediali) nella realtà del bombardamento delle città e al fronte, e condotto nell'esplorazione della città di ghiaccio della Marmolada. Ecco che il soldato viene così trasformato, come si capisce dalla sala 12, nel minuscolo ingranaggio di una macchina enorme. L'eroismo diventa piccolo e quotidiano.

Grandissimo spazio del Memoriale è dedicato all'organizzazione dei comandi, alla nascita della propaganda, alla perdita dell'identità dei soldati che culmina nel «milite ignoto», all'economia di guerra, dalle fabbriche ai bordelli per la truppa, passando per il dramma dei profughi. Bellissime poi tutte le parti dedicate allo sviluppo tecnico accelerato dalla guerra. Nella sua atrocità, ad esempio, il conflitto portò un'incredibile accelerazione nei campi della medicina, dei trasporti, della chimica. Cambiò anche le abitudini alimentari degli italiani, basti pensare alla diffusione del caffè. Del resto il comitato scientifico che ha lavorato al progetto è molto ampio e ha operato in stretta collaborazione con docenti dell'Università IUAV di Venezia e dell'Università di Padova.

Basterebbe quanto detto fin qui per capire come questo Memoriale/museo interattivo (un museo non tanto di oggetti, quanto di idee, immersivo) sia uno dei migliori punti di partenza per comprendere la Prima guerra mondiale. Ma non è tutto: il Memoriale è inserito in un contesto ampio che contribuisce a valorizzare. Già dal parco della Villa che lo ospita è possibile salire al Montello e al suo sacrario, affacciandosi così sulla piana del Piave. Ripercorrendo la vicina, vecchia ferrovia cantata dalla «Tradotta» (e oggi recuperata come pista ciclabile) si raggiunge Nervesa della Battaglia, borgo che fu al centro di violentissimi scontri, con la memoria di Francesco Baracca e dei primi combattimenti aerei della storia, anche rivedendo in volo proprio quei piccoli, fragili velivoli che partono dagli hangar della Fondazione Jonathan Collection (i velivoli sono ospitati in una struttura unica: l'hangar Type Bessoneau H, ultimo esemplare originale della Prima guerra mondiale a essere impiegato in questa funzione). Bellissimo anche il museo appena inaugurato a Santa Lucia di Piave, in quella che durante la guerra fu la «Scuola bombardieri del re»: consente di rivivere il percorso dei soldati addestrati a distruggere i reticolati e le trincee nemiche con le pericolosissime bombarde. Un classico, poi, è il Museo della Battaglia a Vittorio Veneto.

Il risultato finale di questa rete, con al centro il Memoriale, è quello di raccontare la storia senza retorica, ma anche valorizzando tutto ciò che quei ragazzi morti per la Patria, da entrambi i lati del fronte, hanno cercato di lasciarci.

E che cent'anni dopo merita di essere ricordato e tenuto vivo.

Commenti