Cultura e Spettacoli

"Nel ruolo di Nina ho capito le sfumature dell'essere madre"

Intervista a Dakota Johnson, attrice di "La figlia oscura" (nelle sale dal 7 aprile): "Il personaggio mi ha fatto crescere"

"Nel ruolo di Nina ho capito le sfumature dell'essere madre"

da Los Angeles

Essere figli d'arte apre molte porte, ma espone ai giudizi. Dakota Johnson è figlia di Melanie Griffith e Don Johnson ed è la nipote della musa di Hitchcock, Tippi Hedren. Un albero genealogico impegnativo, intorno a cui si è mossa bene, fino alla scelta che l'ha trasformata in una star: Cinquanta sfumature di grigio, e poi i sequel, tratti dalla vendutissima saga erotica di E. L. James. Non proprio un successo di critica, ma un affare al botteghino, che ha avuto il pregio di far conoscere al mondo il nome di Dakota Johnson. Luca Guadagnino l'ha voluta in A Bigger Splash e Suspiria, ha lavorato accanto a Johnny Depp e Benedict Cumberbatch in Black Mass - L'ultimo gangster, e a Jeff Bridges in 7 sconosciuti a El Royale, ha rivelato il suo talento comico in Single ma non troppo, accanto a Rebel Wilson e Leslie Mann. Ora (dal 7 aprile in Italia), veste i panni di Nina nella rivisitazione che Maggie Gyllenhaal ha fatto del romanzo di Elena Ferrante La figlia oscura, vincitrice a Venezia del premio per la sceneggiatura. «Con Nina - dice - ho avuto la sensazione di potermi aprire. Di poter essere fragile. Nina cambiato la mia vita. Mi ha fatto crescere».

Chi ha letto il romanzo di Elena Ferrante sa che Nina fa parte di una numerosa famiglia in vacanza nella stessa spiaggia frequentata dalla protagonista, Leda, interpretata da Olivia Colman. L'adattamento della Gyllenhaal, al debutto alla regia, non segue per filo e per segno il racconto della Ferrante. La famiglia di Nina, ad esempio, viene da Brooklyn e la spiaggia frequentata è in Grecia. «Il mio lavoro è bellissimo, ma poter girare un film su una spiaggia greca durante la pandemia, fra settembre e ottobre del 2020, è stato un privilegio. In questa isoletta dove tutti erano impegnati nella produzione del nostro film, vivevamo in una bolla e questo ci ha legato particolarmente».

Ha compiuto 31 anni proprio sul set...

«Vero, ed ero circondata da donne magnifiche: Maggie, Olivia, Jessie. Osservarle, vedere la loro forza e gentilezza mi ha fatto bene».

Come descriverebbe Nina?

«Una donna che è cresciuta in un ambiente sociale e in una famiglia che non vuole vederla per ciò che è, che vuole omologarla, farla sparire. Quando incontra Leda inizia a chiedersi se per lei può esserci qualcosa di più. Leda è più libera, più colta, più indipendente. Quando Nina la conosce inizia a chiedersi: chi è quella donna, cosa fa, ci può essere più spazio anche per me?».

La maternità è un tema forte del racconto.

«Elena Ferrante scrive verità che in pochi hanno il coraggio anche di pensare. Viviamo in un mondo in cui alle donne non sempre è permesso di essere sé stesse, di provare certi sentimenti. Mettere in dubbio i sentimenti riguardo la maternità ad esempio. È un tabù che Elena Ferrante ha avuto il fegato di rompere».

Leda, interpretata da Olivia Colman e nei flash back di gioventù da Jessie Buckley, lascia le figlie piccole alla cura del padre e così facendo compie una scelta fra le più stigmatizzate dalla società.

«È ora di fare capire che è ok avere, riguardo alla maternità, sentimenti e pensieri differenti da quelli che la società ci impone. Ci sono donne che non vogliono essere madri, altre che sono pentite di esserlo diventate. Non c'è nulla di male in questo. Spero che il film, come il libro, sdogani questi concetti».

Ci sono varie ipotesi su chi sia veramente Elena Ferrante, ma nessuna certezza.

«Non so perché voglia rimanere anonima, forse perché così facendo può scrivere certe verità scomode».

Questo è il debutto alla regia do Maggie Gyllenhaal. Ci racconta l'esperienza?

«Meravigliosa. Non mi sono mai sentita tanto protetta e amata. A volte hai la sensazione di non essere al sicuro sul set, di essere esposta, vulnerabile. Ma con lei si è creato un bellissimo clima di collaborazione».

Probabilmente l'ambiente intorno ha aiutato.

«Certo, una spiaggia sul Mediterraneo è un bel posto dove girare un film. Inoltre, spesso è sui set dei film più intensi che si ride di più. È un modo per alleggerire il dramma, per non portarselo troppo addosso. Abbiamo bevuto molto vino, giocato, nuotato...».

Quando ha scoperto di voler fare l'attrice?

«Lo sapevo da sempre, sono cresciuta guardando attori fantastici al lavoro».

I suoi genitori l'hanno incoraggiata?

«Al contrario. Volevano che mi godessi l'infanzia.

L'ho fatto, ma sul set».

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