Cultura e Spettacoli

Neri Parenti: "Il politicamente corretto è una caccia alle streghe"

Neri Parenti tra i grandi protagonisti dell'undicesima edizione del Premio Troisi Marefestival: la nostra intervista

Neri Parenti: "Il politicamente corretto è una caccia alle streghe" Esclusiva

Parterre de rois all’undicesima edizione del Premio Troisi Marefestival, la manifestazione in scena a Salina, una delle Isole Eolie, scenografia naturale dell'ultimo film di Massimo Troisi, "Il Postino". Tra i grandi artisti protagonisti della manifestazione, il “re” della commedia italiana: Neri Parenti.

Sei Fantozzi, due Fracchia, cinepanettoni e altre pellicole di grande successo: Neri Parenti ha collaborato con le stelle della commedia nostrana e le sue opere per certi versi risultano pionieristiche. Il Marefestival dedicherà una serata al suo brillante contributo alla commediografia made in Italy, in attesa del ritorno sul set, a due anni di distanza da “In vacanza su marte”.

Il premio in ricordo di Massimo Troisi, l’ennesima soddisfazione…

“Questa è particolarmente gradita, perché ero amico di Massimo, ci frequentavamo anche se non abbiamo mai lavorato insieme. Io, Massimo, Roberto Benigni e Francesco Nuti formavamo un quartetto ben assortito: eravamo un po’ i quattro moschettieri (ride, ndr). È un grande onore, anche perché per me non è una grande abitudine ricevere dei premi, se non quelli legati agli incassi o a cose del genere. Il riconoscimento dedicato a Massimo è un'enorme soddisfazione, anche perché lui è stato uno degli interpreti più felici della commedia italiana. Se non avesse fatto la brutta fine che ha fatto in così giovane età, avrebbe creato un solco profondo tra la vecchia e la nuova generazione”.

Conserva un ricordo in particolare di Troisi?

“C’era qualche difficoltà di comunicazione (ride, ndr). Massimo parlava un grammelot tra napoletano e altre lingue, a volte lasciava dei messaggi in segreteria indecifrabili. Non capivo nulla di ciò che diceva, nemmeno una parola. Poi per fortuna Benigni era un grande traduttore”.

La location Salina, dove fu girato il film capolavoro “Il Postino”, che rese celebre l’isola nel mondo…

“Oggi (ieri, ndr) mi hanno fatto fare un giro per vedere alcuni posti dove è stato girato il film, è stato molto bello, eccezionale”.

Le è venuta un’idea per qualche progetto? Magari un “Natale a Salina”…

“Qui la problematica sarebbe raggiungere l’isola. È una località bellissima ma ostica per girare un film. Se dicessi alla produzione di fare un film a Salina, probabilmente vedrei delle facce contrariate (ride, ndr)”.

Il direttore artistico Massimiliano Cavaleri l'ha definita una perla della storia recente del nostro cinema...

“Un pirla, più che una perla… (ride, ndr)”.

Le parole di Cavaleri però ben definiscono la sua carriera. Qual è il suo bilancio?

“Non mi posso lamentare, sicuramente. Ho fatto cinquanta film. Ho fatto i film che volevo fare, ho lavorato con vari attori comici, mi sono trovato bene con loro. Il bilancio è sicuramente positivo. Poi bisogna avere le palle grosse con la critica, ma ci si abitua”.

Qualche rimpianto?

“Io sono nato cinematograficamente con ‘Il corsaro dell’isola verde’ e ‘Ivanhoe’. Il mio sogno è sempre stato quello di fare un film di avventura, che in Italia è praticamente impraticabile, sia per i costi che per il cast. Quando ho iniziato a fare film in giro per il mondo, ho cercato sempre di ficcarci dell’avventura. Anche per questo uno dei miei film preferiti è ‘Natale sul Nilo’: lì ho potuto sbizzarrirmi tra animali, ragni, aerei che precipitano…”.

Sono trascorsi poco meno di cinque anni dalla morte di Paolo Villaggio, la sua ironia tagliente oggi servirebbe…

“Villaggio è stato un grande e oggi lo stanno rivalutando, finalmente. Lui è stato il primo a raccontare l’Italia dei dipendenti, degli impiegati, alla sua maniera. Ha creato una forma di racconto originale, uno specchio sociale di quel momento. Poi negli anni Fantozzi ne ha fatte di tutti i colori. È una parte importante della mia vita, ma anche della vita dei cinefili”.

Cosa ne pensa di questa era dominata dal politicamente corretto?

“È troppo, troppo, troppo… C’è una caccia alle streghe. Ormai non si possono più dire certe parole, anche se sono contenute in tutti i vocabolari. Non si possono più rappresentare certe minoranze, sia etniche che sessuali, se non presentate in una maniera del tutto politically correct. Tutto questo è dannoso per la commedia e per la pubblicità: è tutto uguale! Purtroppo va così, anche a causa del dominio delle piattaforme, che vogliono dei progetti che rispettino determinate regole: dal #MeToo ai transgender, gli omosessuali non devono essere omosessuali… Avranno una specie di codice etico da rispettare e vogliono dei prodotti politically correct”.

Una follia assoluta…

“Assolutamente sì. Anche perché c’è il libero arbitrio. Nessuno mette un fucile alla tempia degli spettatori per andare a vedere quel determinato film in sala”

Quali sono i suoi progetti futuri?

“Dovrei fare un film a settembre, ma questo è un momento di grande crisi per un certo tipo di cinema, quello che non può sopravvivere senza un incasso sala decente. Si fanno molti più film di prima, ma sono piccoli, tutti uguali, due camere e cucina… E poi c’è un altro dettaglio importante: le piattaforme necessitano di un prodotto internazionale. La commedia italiana, con quello che parla milanese e quello che parla romano, non è vendibile in tutto il mondo. I nostri film rimanevano infatti nell’ambito nazionale, a Chiasso non li vedeva già più nessuno. Le piattaforme hanno meno interesse a prodotti di questo genere e hanno anche i magazzini pieni di lungometraggi simili.

Un tempo c’erano delle finestre, oggi c’è un mare magnum: i miei film sono su Prime Video, Amazon, Disney…”.

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