Cultura e Spettacoli

Non hanno capito nulla della Bellezza il commento 2

diDalla tv nazionale è stato espulso il concorso di Miss Italia perché si era detto che la bellezza non potesse venire rappresentata da un fondo schiena ben fatto. Giusta considerazione: la bellezza è un concetto filosofico fondamentale della cultura del pianeta Terra, anche se non andrebbe dimenticato che la nostra civiltà, proprio alla sua nascita, ha un concorso di bellezza: Paride che deve giudicare chi possiede il più bel fondoschiena - ed altro - fra tre dee splendide: Giunone, Minerva, Venere. Cacciata la bellezza di Miss Italia dalla Rai, la medesima Rai ha fatto ritornare la bellezza al Festival di Sanremo. Ma, se il telespettatore riusciva a capire senza troppi giri di parole cosa fosse la bellezza guardando sfilare in costume da bagno la Miss, cosa può capire della bellezza guardando Sanremo? Un bel niente. E infatti, consci di questo bel niente, i responsabili del Festival decidono che sul palcoscenico dell'Ariston debba esserci qualcuno che spieghi tra una canzone e l'altra cosa sia «bellezza». Così il telespettatore si becca lo sproloquio su Van Gogh del critico amato da Fazio o la stucchevole lista dei disastri del patrimonio artistico italiano, letta dall'illustre giornalista che è sempre meglio tenersi buono, per concludere con la sgangherata captatio benevolentiae di un pubblico rischiosamente ostile messa in scienza da Crozza con la celebrazione del genio italico. Risultato: cosa ha imparato della bellezza il telespettatore che possiede quel misterioso Dna che, tramandato di generazione in generazione, porta maschi e femmine a guardare Sanremo? Semplice, quello che sapeva già da prima: «Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace». Filastrocca imbecille, sbagliatissima perché piacciono porcherie colossali. Oppure, sempre quel telespettatore, coinvolto dai presentatori del Festival in piagnucolosi moralismi, viene folgorato da una entusiasmante verità: «Non è bella fuori, ma è bella dentro». Altra idiozia. Come la mettiamo? Quella signora fa schifo fuori e non gliene frega niente di essere bella dentro, perché preferirebbe mille volte di più essere bella fuori. Fazio ha un atteggiamento riverente al cospetto della bellezza e sceglie l'understatement, l'attenuazione dei valori alti: decisione che può andargli bene nel Che tempo che fa per consentire ai suoi ospiti di dire qualsiasi cosa, perché tanto a lui va sempre bene il politically correct, ma a Sanremo quel suo understatement è malinconico, deprimente; ti viene da incoraggiarlo, dirgli «su, passerà anche questa, pensa alla bellezza». Poi arriva la Littizzetto che con tutta la buona volontà, con tutti i «è bello ciò che piace» e i «non è bella fuori è bella dentro», non l'aiuta davvero. In mezzo a tanta sapienza estetica circolante per il teatro Ariston, i due presentatori avrebbero dovuto trovare qualcuno che spiegasse loro quanto fosse rischioso parlare di bellezza e quanto fosse banale ripetere che la bellezza salverà il mondo, quando oggi è proprio la bellezza a dover essere salvata dal mondo: magari più modestamente salvata da questo Festival di Sanremo. Però, adesso, vorrei che mi venisse spiegato perché non potevano essere le canzoni stesse a dirci cosa sia bellezza. Forse bastava che si mostrassero, attraverso la canzone, espressioni diverse della bellezza, da quella sensuale a quella malinconica, da quella socialmente impegnata a quella romantica. Comunque sia, rimane difficile dominare la bellezza con la sua potenza evocativa, con la sua predisposizione a creare differenza, con il suo carattere poco democratico.

Chi non capisce cosa sia bellezza viene incenerito, dice Shakespeare nella sua più celebre commedia: speriamo che non sia così, che almeno il teatro Ariston non bruci.

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