Cultura e Spettacoli

Non solo "cattivi folli". Stavolta il super-buono è il matto Moon Knight

Nella (costosissima) serie Marvel per Disney+ le star sono Oscar Isaac e Ethan Hawke

Non solo "cattivi folli". Stavolta il super-buono è il matto Moon Knight

Il Jocker, Harley Queen, Il Pinguino. Il mondo dei fumetti ci ha fornito infiniti esempi di «cattivi» che sono tali per malattia mentale. Con Moon Knight, ultima fra le serie tv dell'Universo cinematico Marvel, dal 30 marzo sulla piattaforma Disney Plus, assistiamo a un'inversione a 360 gradi. Il fattore pazzia salta la barricata e questa vota a soffrire di un disturbo mentale è il supereroe, il buono.

La miniserie, in sei episodi, racconta di un eroe minore nell'infinito universo Marvel e vede protagonista Oscar Isaac (Dune e Star Wars) nei panni di Steven Grant, un tranquillo impiegato di un negozio di souvenir all'interno di un museo egizio, che viene colpito da vuoti di memoria e ricordi provenienti da un'altra vita. Steven scopre di avere un disturbo dissociativo dell'identità e di condividere il suo corpo con il mercenario Marc Spector che a sua volta è la personificazione terrena del dio egizio della vendetta. Mentre i nemici di Steven/Marc si avvicinano, i due devono indagare sulle loro identità complesse, spingendosi in un mistero mortale tra i potenti dei dell'Egitto. «È il racconto della maschera che ognuno di noi tende ad indossare dice Isaac vivere senza quella maschera è faticoso, rende vulnerabile. Ma è anche una storia di redenzione, di come sia possibile sopravvivere al trauma e agli abusi».

Kevin Feige a capo del Marvel Cinematic Universe, spiega che Moon Knight era nel suo radar da tempo. «L'antico Egitto, i suoi simboli, le sue divinità affascinano il pubblico da sempre. Moon Knight apparve per la prima volta nel 1975 nel fumetto Werewolf by night e da allora non è mai scomparsa dalle pagine dei fumetti. Normale per noi voler esplorare questa nicchia meno conosciuta, ora che con il canale Disney+ abbiamo una tela più grande su cui disegnare».

Per interpretare le due personalità del suo essere, Oscar Isaac ha chiamato in aiuto il fratello, Michael Hernandez, anche lui attore. «Lui ogni volta interpretava l'altro me stesso. L'aiuto di mio fratello è stato per me la scelta più giusta, Michael è la cosa più vicina a me che esista sulla faccia della terra, ha il mio stesso Dna. Era la situazione più vicina allo sdoppiamento di personalità che stavo rappresentando. Non ho idea di come avrei potuto fare senza mio fratello. Recitare non è dire battute all'aria ma interagire con gli altri sul set e da solo non avrei saputo che fare».

L'antagonista, Arthur Harrow, avatar di una terribile divinità egizia, è interpretato dal Ethan Hawke. L'attore de L'attimo fuggente e Prima dell'alba è alla sua prima esperienza con il mondo dei fumetti. Scettico da sempre nei confronti delle grandi produzioni (e questa lo è, si parla di uno dei budget più alti per una serie televisiva), questa volta ha deciso di fidarsi, firmando addirittura prima di leggere il copione: «Di solito quando ci sono coinvolti grossi budget c'è molto timore e quinti molto controllo da parte della produzione. La creatività viene ridotta. Questo è sempre stato il mio problema nei confronti del mondo comics, ma mi sono ricreduto. Marvel ha tradotto il successo in sicurezza e la sicurezza in libertà per gli artisti. Certo, cuciniamo in quella grande cucina, ma all'interno della cucina possiamo fare quello che vogliamo. Possiamo anche sbagliare, perché non trovi l'idea giusta se prima non ne hai provato molte sbagliate».

Alla regia due americani, Justin Benson e Aaron Moorhead e un egiziano, Mohamed Diab che ha curato la parte riguardante la mitologia egizia della storia: «Come egiziano percepisco sempre i preconcetti di Hollywood nel descrivere il mio paese e la sua gente. Il 90% delle volte l'Egitto che si vede a Hollywood non è affatto il mio paese. Che effetto farebbe a un parigino vedere descrivere Parigi con le immagini della torre di Londra?». La ricerca dell'autenticità ha portato il set nel deserto giordano.

«Io non ho nulla in contrario con gli effetti digitali dice Ethan Hawke -, mi piace recitare davanti a un panno verde, mi sembra di essere a teatro, dove devi immaginare di essere in cima alla piramide, ma quando sei davvero nel deserto della Giordania, la bellezza di quello che ti sta attorno gioca un ruolo determinante, ti senti connesso con la storia e tutto diventa più reale».

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