Cultura e Spettacoli

Il "Partenone dei libri" simbolo dell'Europa che resiste alle fiamme

Nella piazza dei roghi nazisti, il tributo ai valori di una grande e fragile civiltà: la nostra

Il "Partenone dei libri" simbolo dell'Europa che resiste alle fiamme

È il più grande altare mai eretto all'idea di Democrazia e di Cultura, o almeno il più scenografico. È finito da poche ore, s'inaugura dopodomani: oggi si erge sotto un cielo cupo, a Kassel, al centro della Germania, nel cuore dell'Europa. E anche questo ha un significato particolare. È l'opera-manifesto di «Documenta», fra le massime cerimonie internazionali di arte contemporanea del mondo, quest'anno in gemellaggio proprio con Atene, e dal titolo Learning from Athens. È un tempio fragilissimo, perché di carta. Indistruttibile, perché ha dentro di sé - simbolico scheletro strutturale - il marmo millenario della Grecia classica.

Eccolo The Parthenon of Books: l'ha voluto, pensato e realizzato l'artista concettuale argentina Marta Minujin. Con l'aiuto di un gruppo di studenti e un lavoro di mesi ha ricostruito perfettamente il Partenone, rispettandone le proporzioni, assemblando 100mila libri raccolti grazie a un crowfounding, e infine posizionandolo nel mezzo della Friedrichsplatz di Kassel. Esattamente dove, nel 1933, furono bruciati sulla pubblica piazza i libri messi al bando dai nazisti. Berlino, 10 maggio 1933: la Bücherverbrennung più tristemente nota del secolo scorso.

I libri del nuovo Partenone sono stati scelti tra tutti quelli vietati, censurati e bruciati nel corso della storia della civiltà, poi incellophanati uno per uno e quindi appesi ad una struttura di acciaio nella classica forma, immagine stessa della Bellezza, del tempio sull'Acropoli.

Opera epocale ma non eterna (dal giorno di chiusura di «Documenta», il 17 settembre, chiunque potrà prelevare un volume, salvandolo dallo smantellamento dell'installazione), politica ma non ideologica (perché condanna tutte le censure del pensiero), universale ma non «pop» (è per tutti, ma non si vende al mercato), il tempio di carta di Marta Minujin ha un valore simbolico che va oltre l'arte concettuale. Oltre la provocazione intellettuale. Persino oltre l'intento di far rileggere le pagine più buie del nostro passato. L'antichissimo monumento dell'Acropoli, rinato grazie a una gigantesca colletta telematica, Partenone 2.0 innalzato nel cuore di un'Europa contemporanea stretta d'assedio dal terrorismo dei nuovi barbari jihadisti, torna a fare pulsare il cuore antico di una civiltà millenaria.

L'Occidente ha visto la distruzione della Biblioteca di Alessandria: «Se il contenuto dei libri si accorda con il libro di Allah, noi possiamo farne a meno, dal momento che il libro di Allah è più che sufficiente. Se invece contengono qualcosa di difforme, non c'è alcun bisogno di conservarli. Procedi e bruciali» ordinò ai suoi uomini il califfo Omar nel 641 a.C. Ha visto le fiamme appiccate dai solerti inquisitori cattolici, che misero all'Indice il pensiero «eretico» di interi secoli. Ha visto i roghi nazisti dei libri degenerati: quelli di Maksim Gor'kij, Bertolt Brecht, Erich Maria Remarque, Sigmund Freud, Rosa Luxemburg, Stefan Zweig, i fratelli Mann, Theodor Adorno... Ha visto la censura dell'occhiuta polizia segreta di Stalin, che fece sparire i libri sgraditi e incenerì manoscritti nei sotterranei della Lubjanka. Ha visto la fatwa lanciata dall'imam Khomeini contro i Versi satanici dello scrittore anglo-indiano Salman Rushdie e i falò «al servizio di Allah» dei talebani. Ha visto le librerie e le biblioteche incendiate dai serbi in Kosovo, nell'ex Jugoslavia. E oggi, ancora, a volte, assiste ai rigurgiti incendiari dei neonazisti, dei fondamentalisti religiosi, degli anti-Darwiniani, degli anti-scientisti, degli ultra-ortodossi russi...

L'Occidente ha visto tutto questo. L'Occidente ha dentro di sé i virus delle peggiori malattie. Ma anche gli anticorpi per la guarigione. I manoscritti non bruciano, ha ricordato qualcuno, in un libro. Il Partenone dei libri di Marta Minujin - che nel 1983 aveva già eretto a Buenos Aires una babele di 20mila volumi proibiti dalla dittatura militare argentina - è sì il simbolo senza tempo resistito al passato e al presente e che, si spera, saprà misurarsi con il futuro. Ma è, soprattutto, inquietane e meraviglioso, il symbolon, il «segno di riconoscimento», dell'Europa che resiste alle fiamme appiccate dai suoi odiatori, e anche ai propri autolesionistici sensi di colpa.

A Kassel, nel centro del continente, si erge un tributo ai valori di una grande e fragile civiltà. La nostra.

Dobbiamo solo aver il coraggio di leggerlo.

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