Cultura e Spettacoli

Poveri uomini, «non sanno essere inutili»

L'unica via di fuga possibile dalla realtà è la «nirvanizzazione estetica del mondo»

di Emil Cioran

Gli uomini soffrono dell'avvenire, si precipitano nella vita, fuggono nel tempo, cercano. E niente mi fa più male dei loro occhi indagatori, vani, e tuttavia privi di vanità.

Io so che tutto è finale, che esiste soltanto un istante, ogni istante, che l'albero della vita è uno sgorgo d'eternità reversibile negli atti dell'essere.

E così non voglio più niente. Spesso, quando sono immerso nella notte, in grandi notti che innalzano davanti alla mente i fondi del mondo, come farei a sapere se sono o non sono più? E si può, allora, essere ancora o non essere più? Oppure, prigioniero delle indefinitezze della musica, perso in esse, risparmiato dalle venture della respirazione, come potrei rassomigliare ai miei simili?

Non avere che uno scopo: essere più inutile della musica. Non vi si scopre né è né non è. Dove ci si trova come vittima conturbata del suo fascino? Ma non è, essa, un nessun dove sonoro?

Gli uomini non sanno essere inutili. Hanno cammini da seguire, punti da raggiungere, bisogni da soddisfare. Non sanno godere dell'incompiutezza, quando il senso della vita non è che l'estasi di tale incompiutezza!

***

Come il Niente diviene Dio grazie alla preghiera, così l'apparenza diviene natura grazie all'espressione. La parola ruba le prerogative al nulla immediato in cui viviamo, lo sottrae alla fluidità e all'instabilità. Come ce la caveremmo nella selva delle sensazioni, se non le fissassimo in forme - in ciò che non è? Così attribuiamo loro esistenza. La realtà è apparenza solidificata.

L'angoscia negativa della carne, le proteste bibliche del sangue, l'immagine della morte imminente e il disastroso sortilegio della malattia impallidiscono di fronte alla disperazione che emanano gli splendori del mondo. Pur se mi ricordassi del mio dolore più preciso e lancinante, dell'alienazione più certa della materia sottomessa all'io, essi si cancellerebbero davanti al tormento estatico cagionato dagli ornamenti terrestri: quando, nella solitudine della montagna o del mare, in silenzi quieti o sonori, sotto abeti nostalgici o vicino a palmizi i miei sensi, e con essi il mondo, s'innalzavano al di sopra del tempo, la felicità di trovarmi nella bellezza e la certezza di perderla mi laceravano crudelmente, quando il paesaggio svaniva nella sostanza equivoca e sublime di un'ammirazione sconsolata! Soltanto la bruttezza è indolore. Ma il fascino delle apparenze che compromettono le altezze è più sconvolgente di tutti gli inferni inventati dalla dolcezza dell'uomo. Non sono le sue sofferenze ad avermi cacciato dal mondo, ma per avere veduto troppo spesso il paradiso in terra i miei sensi si sono fusi nella sventura. Perché, nella perfezione dell'istante assoluto, un mormorio di caducità mi riconduceva alle crudeltà del tempo?

Vedendo un mandorlo in fiore spogliarsi dolcemente sotto il lieve tocco della brezza e il cielo fatalmente mediterraneo scendere tra i suoi rami affinché l'occhio non immaginasse nient'altro al di sopra di questa improvvisa fioritura, a mia volta mi spogliavo degli istanti, per ricadere più brutalmente nei deserti del tempo.

La paura di una fine dei piaceri avvelenò il paradiso dei miei sensi, giacché in essi niente dovrebbe mai avere fine. Gli splendori del mondo mi trafissero più crudelmente delle frenesie della carne e io sanguinai più nella felicità che nella disperazione.

Rarefazione mistica del tempo nel niente assoluto della bellezza... Nutrire con esso le attese del mio sangue, nutrirle delle onde e dei riflessi armoniosi dell'eterna inutilità. Esistono ragioni d'essere soltanto nelle apparenze per le quali si vorrebbe morire... I petali prenderanno il posto delle idee?

Il tempo reclama un'altra linfa, le vene un altro mormorio, la carne altri inganni... Un mondo diretto - e del tutto inutile: rose alla portata di chiunque, e che le ninfe dello spirito non oserebbero di cogliere...

Perché abbiamo cercato redenzioni in altri mondi, quando gli ondeggiamenti di questo possono farci sentire eterni in annientamenti più dolci? Strapperò un nulla inebriante a tutte le fioriture, e farò delle corolle dei prati un letto per i miei sonni. E non fuggirò più nelle stelle, né mi rifugerò in lontananze lunari.

Nirvanizzazione estetica del mondo: attingere il supremo in apparenze supreme. Essere tutto e niente nella schiuma dell'istante. Ed ergersi ai confini dell'io, nell'immediatezza e nella fugacità.

Traduzione di Cristina Fantechi

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