Cultura e Spettacoli

Primeteatro

Ci aspettavamo che un testo in memoria del tragico eccidio compiuto nel 2011 nell'isola di Utoya, in Norvegia, in un raduno di giovani socialisti in vacanza da parte di un esaltato criminale con manie di grandezza, si limitasse a un dolente regesto delle vittime dell'atto criminoso. Mentre Edoardo Erba in sorprendente maturità stilistica ci ha invece consegnato un testo doloroso e incalzante. Puntando tutte le sue carte non sull'allucinante contrasto tra il carnefice e le povere vittime del suo insano gesto ma sul comportamento dei familiari che da lontano non possono che amaramente commentare la tragica fine dei loro cari. La regista Serena Senigaglia ha ambientato questa intima tragedia in un limbo desolato. Ovvero in una terribile terra di nessuno solcata da pallidi arbusti spezzati e da frammenti di specchi che alludono al tremendo degrado di una società tragicamente priva di epicentro. Dove le romantiche foreste della terra di Norvegia, rase al suolo dalla follia umana, alludono ai corpi straziati lasciati sul terreno dalla cieca violenza dell'assassino. Mentre i due bravissimi protagonisti, Arianna Scommegnia e Mattia Fabbris, ascoltano impietriti le grida fuori scena che li sommergono. Ne esce un concertato vocale spaventoso e allucinante in cui persino la copia dei genitori si stampa nella nostra memoria, simili a dèi inutili privi della capacità di reagire. In un contesto di drammatica evidenza che ci lascia ammirati e stupiti.

UTOYA - Spoleto, Chiesa di San Simone, Festival dei Due Mondi.

Commenti