Cultura e Spettacoli

Quando gli androidi sognano incubi di morte

In «Westworld» la violenza degli umani trasforma le macchine prima in vittime poi in carnefici

Quando gli androidi sognano incubi di morte

Quando una macchina smette di essere una macchina? E quando un essere umano smette di essere un essere umano e diventa una belva? Sono alcune delle domande sottese alla serie di fantascienza Westworld che arriverà in Italia in simultanea con gli Stati Uniti il prossimo lunedì alle 3 del mattino (in replica alle 21,15) su Sky Atlantic, e con la versione doppiata da lunedì 10 ottobre (sempre alle 21,15).

Il nocciolo della trama di questa fiction prodotta dalla HBO è lo stesso del film del 1973 diretto e sceneggiato da Michael Crichton: Il mondo dei robot. Come nell'originale in un fantastico parco giochi del futuro androidi, dalle sembianze umane, consentono a umani sempre meno umani di sollazzarsi con qualsiasi tipo di violenza. Ovviamente il luogo migliore per questa simulazione di anarchia è il vecchio West. Sparatorie, saloon, prostitute... si può anche giocare agli indiani e fare lo scalpo alla gente. Tutto è programmato perché le vittime siano sempre le macchine. Però poi qualcosa va storto. E i cervelli sintetici di questi androidi molto umani iniziano a fare da soli... Ricordandosi le violenze che hanno subito in precedenza.

Insomma, lo schema di base è rimasto invariato. Ma la nuova serie ha molto più spazio ora, rispetto alla celebre pellicola, per indagare il versante etico della questione. Nel 1973 si tendeva a immaginarci i robot come ammassi di circuiti. Ora grazie allo sviluppo di altre scienze, come la genetica, è molto più sensato immaginarli come cyborg capaci di sanguinare e di essere vicinissimi all'essere umano. È su questo che hanno lavorato gli sceneggiatori Lisa Joy, J.J. Abrams e Jonathan Nolan, fratello del celebre regista Christopher e già co-sceneggiatore di Interstellar, The Prestige, Il cavaliere oscuro e Memento. Il risultato è notevole, anche grazie alla presenza di attori come Evan Rachel Wood, Anthony Hopkins e Ed Harris.

Ne nasce una narrazione corale e a più livelli, forse la più complessa tentata da una serie negli ultimi anni. Ci sono gli scienziati che si chiedono sino a che punto ci si può spingere per soddisfare i bisogni, o i capricci, degli umani. Ci sono le macchine che stanno smettendo di essere macchine e se ne accorgono, ma a quel punto non sanno cosa sono. E ci sono gli «ospiti», che in fondo siamo noi, gli esseri umani di oggi. Pronti a godersi il lato divertente della tecnologia senza riflettere su cosa c'è sotto, su quale sia il prezzo da pagare. Il bello è però che questa riflessione è declinata in pura azione western - Ed Harris è magistrale nell'interpretazione del robot pistolero fuori controllo - e in immagini bellissime che oscillano tra panorami sconfinati e una ambientazione tecno-claustrofobica.

Perché se il futuro trasforma i sogni in realtà bisogna stare attenti a ciò che si sogna.

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