Cultura e Spettacoli

«Quando avevo otto anni recitai con Luchino Visconti»

Tommaso Martinelli

Nel suo ultimo film, The Startup, Alessandro D'Alatri racconta la storia di un ragazzo che nonostante le avversità e le sconfitte, riesce a sfondare nel mondo del lavoro. Un messaggio di speranza che il regista romano rivolge ai tanti giovani che difende a spada tratta su OFF.

Alessandro, ci racconta un episodio OFF della sua carriera?

«Il mio percorso professionale è stato tutto un susseguirsi di episodi off e il primo è avvenuto quando ero un bambino. Avevo otto anni quando feci un provino con Luchino Visconti per Il giardino dei ciliegi. Io non sapevo neppure chi fosse Visconti e accanto a lui c'erano Paolo Stoppa, Rina Morelli, Pino Carraro e Sergio Tofano. Mia madre era dietro le quinte e sembrava Anna Magnani in Bellissima. Feci ridere tutti dopo aver raccontato una mia barzelletta. Quel provino mi ha cambiato la vita, perché lì ho scoperto che non erano solo i bambini a giocare ma anche gli adulti. Lo spettacolo, per me, è il più bel gioco per tutte le età».

È al cinema con The Startup...

«Dopo aver letto una prima stesura della sceneggiatura, ne sono rimasto colpito. La storia è quella di un ragazzo, figlio unico di una famiglia semplice, che vive nella periferia romana: elementi in cui mi sono riconosciuto. Ho trovato stimolante raccontare un ragazzo che oggi ce la può fare. Io faccio parte di quella generazione che poteva tentare e in qualche modo sono riuscito a fuggire da una situazione spiacevole. Una scena che mi ha emozionato è quando il ragazzo manda a suo padre un bonifico con una cifra che è il doppio di quella che lui aveva investito su di lui».

Un messaggio di speranza...

«Ho due figlie ventenni. E mi rendo conto che i giovani di oggi vengono maltrattati continuamente e definiti bamboccioni o superficiali. Ma non è così: hanno una grandissima energia che però viene ingiustamente mortificata. Con The Startup ho voluto raccontare una storia che esaltasse, come metafora generale, il concetto che ce la si può fare.

Ha un passato nel mondo delle corse con le automobili...

«Ho corso fino a pochi anni fa e mi sono divertito come un pazzo, mi rilassavo oltre i 280. Il coraggio viene dal volersi mettere in gioco e dove vince chi leva il piede per ultimo, sfidando le leggi della fisica.

Anche perché ai box, il secondo è il primo degli ultimi».

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