Cultura e Spettacoli

"Racconto l'Alzheimer dopo avere vissuto con i malati più difficili"

L'attrice, nominata agli Oscar, è la protagonista di "Still Alice": "Non sono così 'maestrina' come sembra: vivo di passioni"

Julianne Moore al Festival di Cannes nel 2014
Julianne Moore al Festival di Cannes nel 2014

Los Angeles - Julianne Moore ride quando le chiediamo di autodefinirsi come attrice: «Specializzata in ruoli di persone alle prese con difficoltà ed emotivamente sotto assedio», c'è scritto proprio cosi sul suo profilo in Wikipedia. La grande attrice americana premio Golden Globe per Still Alice , il film in cui recita una professoressa di psicologia che a soli 50 anni inizia ad avere i primi sintomi di Alzheimer (è candidata all'Oscar, e favorita, per questo film), confessa di divertirsi molto coi social e soprattutto con le fonti collettive di materiale informativo. «Dal di fuori posso sembrare distaccata e al di sopra delle parti, sarà forse la mia chioma rossa da professorina; invece sono quanto mai terra terra». La Moore si conquista così la sua sesta candidatura all'Oscar (citiamo Magnolia , The End of the Affair , The Hours ) nel ruolo delicato e difficile di Alice, madre di tre figli adulti (tra cui Kristen Stewart - il marito è Alec Baldwin), e la sua battaglia per rimanere aggrappata alla vita come è stata fino adesso ed affrontare la malattia con dignità. Parliamo con lei di questo film, una piccola produzione indipendente mostrato ai festival di Toronto e Roma, con grande successo, e subito comprato dalla Sony Classics per la distribuzione.

Julianne Moore, lei è famosa per le sue meticolose ricerche quando prepara un ruolo. Come è stato questa volta?

«Dato il soggetto, più intensa del solito. Sono entrata in contatto con la National Alzheimer Foundation e ha trascorso parecchio tempo con pazienti sofferenti questa condizione. Non mi interessava un'interpretazione manierata di qualcuno affetto da un disordine neurologico, come spesso vediamo al cinema, penso a Risvegli o L'uomo della pioggia . Si tende a credere che l'Alzheimer cancelli del tutto le personalità delle persone, ma non è così. Io le personalità delle persone che ho incontrato le ho viste molto chiaramente. Non volevo far nulla nel film che non avessi visto nella vita reale».

I registi del film, una coppia di marito e marito, Wash Wstmoreland e Richard Glatzer, tengono molto a questo progetto, essendo Glatzer affetto dalla Sla. Un suo commento?

«Certo, il film parla della storia di un rapido declino, anche se quello di Richard è a livello fisico, mentre quello di Alice è mentale. Ma sono due vite una volta vibranti e potenti, ora indebolite: ovvio che per i due registi è una storia quanto mai personale».

Contenta per il Golden Globe e la candidatura all'Oscar?

«Non sono di quelle che fanno finta di niente, forse non sono figa abbastanza. Certo che mi piace ricevere premi e complimenti, come credo a chiunque altra persona che non sia ipocrita».

Di recente l'abbiamo vista anche in Hunger Games, Mockingay , nel ruolo della leader della rivoluzione Alma Coin. Perché ha voluto lavorare in questo tipo di film?

«Perché sono madre di due figli adolescenti (un maschio e una femmina, 16 e 14 anni - ndr ) che un giorno sono venuti a casa coi libri Hunger Games di Suzanne Collins, e me ne hanno parlato con entusiasmo. Mi è piaciuta l'allegoria politica dei figli che introducono la madre a questo tipo di storia. Sì, ho accettato quel ruolo per via e grazie ai miei figli».

Ma lei è ritenuta da molti «la madrina» del cinema indipendente.

«E continuerò a farlo. Per ogni Hunger Games ci sono dieci Still Alice o cose come Far from heaven o Safe e tutte quelle ose che ho fatto con Todd Haynes o con mio marito. Tornando a Hunger Games , ripenso con struggente nostalgia a Philip Seymour Hoffman, con cui abbiamo recitato insieme varie volte, a partire da Boogie Nights e Magnolia . Con Paul Thomas Anderson, che ci aveva diretti in quei film, stavamo pensando a un altro film da fare di nuovo insieme. La sua morte così improvvisa mi ha sconvolta. A volte mi chiedo se un declino lento come quello di Alice non sia meglio. Non lo so...».

Qual è il segreto del successo?

«Noi dai capelli rossi siamo volitive, ambiziose, precise, e credo che abbiamo un surplus di energia vitale e di libido. Pensate a Jessica Chastain o Amy Adams, giovani colleghe mie che condividono con me questo dono della vita.

Allora io dico: largo alle rosse!».

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