Cultura e Spettacoli

Ralph Rugoff curatore della Biennale d'arte 2019

Luca Beatrice

Nessuno più di lui ha saputo capire e interpretare gli anni '90 e la strisciante forma di inquietudine alla fine delle ideologie del '900. Ralph Rugoff, ieri nominato curatore della 58ª Esposizione Internazionale d'arte del 2019 dal cda della Biennale di Venezia, organizzò proprio nel 1990 «Just Pathetic», una mostra importantissima sulla figura dell'artista come fallito e perdente, lo stesso clima che si ritrovava nella musica grunge a partire dalla scena di Seattle. Seguì poi «Scene of the crime» (1997), altro titolo suggestivo in atmosfera noir. Un approccio colto e letterario, raro negli stessi anni in cui si formava lo star system globale, che gli valse, dal 2006, la direzione della Hayward Gallery di Londra, quindi nel 2015 quella della Biennale di Lione. Curatore ma anche critico e scrittore: in Circus Americanus esplora i fenomeni culturali più contraddittori degli Usa, dedica poi studi alla pittura in The Painting of Modern Life (2007), bella mostra passata anche in Italia.

Scelta da applaudire, quella di Paolo Baratta, anche più sorprendente di quella della Macel: sulla carta Rugoff farà una Biennale colta, ricca e (speriamo) anticonformista. Continuando con solco delle ultime edizioni - a l'eccezione di Enwezor nel 2015 - volte a far riguadagnare spazio e prestigio all'opera, sviluppo del pensiero critico, sguardo a 360 gradi. Si alza l'età media (Rugoff ha sessant'anni), segno che l'esperienza viene considerata un fattore determinante anche e soprattutto per parlare di futuro. Il curatore americano si porta dietro l'autentico spirito della wilderness che non ha niente dell'hipsteria modaiola. Appuntamento, davvero atteso, dall'11 maggio 2019.

Intanto, buon lavoro.

Commenti