Cultura e Spettacoli

"Recito la solitudine di Judy Garland diva uccisa dal talento"

L'attrice "debutta" nel musical "End of the rainbow": "In scena canto le sue canzoni"

"Recito la solitudine di Judy Garland diva uccisa dal talento"

Alcune star susciteranno per sempre, assieme allo stupore per il loro sfolgorante talento, una sorta di stretta al cuore. Quella che il loro destino - rutilante quanto infelice - fatalmente provoca. Judy Garland è una star che continua a stringere il cuore. Lo straripante talento della bambina di Over the rainbow scuote almeno quanto il tragico destino della donna che, dopo 5 mariti, 80 milioni di dischi venduti, fiumi d'alcol e di droga, si concluse per un'overdose d'infelicità ad appena 47 anni. Frutto perfetto di questo fascinoso tormento è End of the rainbow: lo smagliante musical di Peter Quilter che, da stasera al Sistina di Roma con la regia di Juan Diego Puerta Lopez, vede nei panni della mitica Judy una sorprendente Monica Guerritore. «Essere una star è stato facile dichiara il suo personaggio - Difficile è stato vivere». «E il suo fascino è tutto qui: in questo contrasto. All'apparenza fragile eppure d'acciaio; allegra, dinamica, vitale, ma avvelenata dalle droghe fin da bambina, stroncata infine dai barbiturici. La sua parabola, dalle piume e paillettes all'overdose, non differisce molto, in fondo, da quello di una Amy Winehouse».

Pare che, per ottenere il ruolo, lei abbia dovuto passare l'esame dell'autore in persona.

«La protagonista a Broadway, Tracy Bennet, per questo ruolo ha vinto il Tony Award. Normale che Peter Quilter volesse dare il suo ok alla prima interprete italiana. Ha chiesto la ripresa filmata della mia commedia teatrale sulla Fallaci. E deve esserne rimasto soddisfatto, perché ha promesso che quando verrà alla Festa del Cinema di Roma per presentare Florence Foster Jenkins, il film con Meryl Streep tratto da una sua commedia, verrà a vedermi al Sistina assieme alla Streep».

Cosa può spingere un'interprete come lei, dedita spesso ad un teatro più personale e sofisticato, verso un tipico successo in stile Broadway, attualmente in scena in 27 paesi, e in cui canta dal vivo otto evergreen?

«Proprio questa straordinaria artista. La storia coglie la Garland nel 1968, nella suite dell'hotel Ritz di Londra, alla vigilia dell'ultima tournèe, affiancata dagli ultimi amici: il pianista gay, il giovane amante. Il sipario sta per calare. Ma la sua allegria, la sua ironia, appena appannate da qualche cocktail di troppo, scintillano ancora. Anche se non bastano a nascondere il suo vero dramma. Judy è una donna sola».

Dramma comune ad un'infinita schiera di acclamatissime star.

«Soprattutto in America. Da noi il rapporto fra un artista e il suo talento quando gli anni che avanzano t'impediscono di esprimerlo come vorresti - è un fatto essenzialmente privato. Ma nel paese dello showbusiness, quando in gioco ci sono milioni di dollari, non puoi permetterti d'invecchiare. Le mani di Judy tremano, la sua voce si sgrana, non afferra più le ottave alte. C'è una registrazione del suo ultimo Over the rainbow che è esaltante e straziante assieme. Terribile sapere quel che sai fare dice il mio personaggio - e non riuscire più a farlo. Ma si capisce: le prime anfetamine gliele dette la madre, quand'era ancora la bambina prodigio del Mago di Oz. Già allora il suo fragile corpo non reggeva il peso enorme delle sue capacità».

E Monica Guerritore che rapporto ha, col talento che resta nonostante gli anni che passano?

«E' un dramma che, a modo mio, capisco bene. Sei legata a qualcosa che possiedi ma non governi. Che ti limiti ad ospitare. E in certi casi pensate a Edith Piaf - mentre il talento resta sublime, il corpo si sfalda».

End of the rainbow è anche lo strepitoso banco di prova per un'attrice di prosa mai esibitasi nel musical.

«Tre mesi di lavoro con Gino Landi per le coreografie (che riprendono, in brevi accenni, le originali della Garland) e con le vocal coach Maria Grazia Fontana e Lisa Angelillo, per le otto canzoni, da Smile a That's Entertainment, che eseguo dal vivo. Ogni giorno prima di andare in scena un'ora di esercizi al microfono, dove l'impostazione per la voce è totalmente diversa da quella recitativa. E durante lo spettacolo otto cambi di costume. Sì: è una sfacchinata.

Ma che gioia, incontrare ogni sera una donna come questa!».

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