Cultura e Spettacoli

Un reportage che svela le radici del male

Eleonora Barbieri

Uno di noi non è la storia di Anders Breivik, l'uomo che il 22 luglio del 2011 ha ucciso otto persone con una bomba davanti al palazzo del Primo ministro a Oslo e ne ha poi massacrate 69 sull'isola di Utoya (la maggior parte ragazzi con meno di vent'anni), «colpevoli» di essere militanti del Partito laburista norvegese. Uno di noi, spiega Åsne Seierstad alla fine del suo reportage di oltre seicento pagine sulla strage e che ora è pubblicato in Italia da Rizzoli, è la storia di «Simon, Anders e Viljar», di «Bano e Lara». Le sue vittime: ragazzi che sognano di crescere e cambiare le cose, ragazzi che un'estate decidono di partecipare a un seminario politico, su quell'isoletta vicino alla capitale. Ragazzi sterminati sotto i nostri occhi, senza pietà: minuto dopo minuto, un racconto sconvolgente. Anche se, per forza, c'è anche «l'altro filo conduttore» del libro: «quell'uomo», Anders Breivik, «un uomo che molti faticano a citare per nome». La Seierstad, giornalista e scrittrice norvegese famosa in tutto il mondo per il bestseller Il libraio di Kabul, ripercorre la sua storia: l'infanzia, la vita in famiglia, i tentativi di inserirsi in un gruppo (prima i writer, poi il Partito del progresso, anti immigrati, poi i videogiochi come World of Warcraft e, infine, i forum anti jihadisti e anti islamici), poi la pianificazione e l'esecuzione degli attentati, l'arresto, il processo.

Tutto è ricostruito attraverso testimonianze, resoconti degli interrogatori e del processo, interviste, rapporti dei servizi sociali e dei periti psichiatrici. Una non fiction novel così magistrale che, per il New York Times, «come A sangue freddo di Capote dovrebbe essere fatta studiare nelle scuole di giornalismo». Un libro nato, in origine, da due reportage per Newsweek: uno dopo la strage e uno appena iniziato il processo a Breivik, nel 2012. È quando entra nell'aula 250 del tribunale di Oslo che l'inviata di guerra capisce che non potrà dedicarsi ad altro: la guerra, questa volta, è in casa sua. Nel suo Paese.

Dentro di noi, nell'abisso invisibile del male.

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