Cultura e Spettacoli

"Ridere del nazismo? Si può ma non troppo e la mia Rosie lo sa"

L'attrice parla di «Jojo Rabbit». Film satirico (ma non solo) su un bimbo che ama Hitler

"Ridere del nazismo? Si può ma non troppo e la mia Rosie lo sa"

Matteo Ghidoni

da Los Angeles

A trentacinque anni, Scarlett Johansson è una delle poche vere dive del cinema contemporaneo. Jojo Rabbit, in uscita in Italia il 23 gennaio, è il quarto film a cui l'attrice ha lavorato nel 2019 (gli altri sono Capitan Marvel, Avengers: Endgame e Marriage Story) e nel 2020 tornerà come protagonista nel nuovo Blockbuster della Marvel, Black Widow.

Nel lungometraggio diretto e co-interpretato da Taika Waititi (Thor Ragnarok) la Johansson interpreta Rosie, mamma del piccolo Jojo (Roman Griffin Davis), bimbo tedesco inquadrato in un gruppo di giovani nazisti durante la seconda guerra mondiale.

«Se mi chiedeste di dirvi esattamente di cosa parla il film, non saprei come spiegarvelo esordisce l'interprete, nata a New York il 22 novembre del 1984 Questa è la classica storia che va vista sul grande schermo, non lo dico per fare pubblicità, si tratta davvero di una di quelle avventure che vanno vissute senza troppi preamboli».

Basato sul libro Caging Skies, il film satirico, scritto e diretto da Waititi, segue la vita di un ragazzo tedesco di dieci anni di nome Jojo Betzler, che riconsidera la sua cieca aderenza alla dottrina nazista dopo aver scoperto che sua madre Rosie tiene nascosta in un armadio Elsa (Thomasin McKenzie), un'adolescente ebrea. Ciliegina sulla torta, l'amico immaginario di Jojo è Adolf Hitler, interpretato in forma di caricatura dallo stesso Waititi.

Un film che è piaciuto e ha fatto discutere sin dal suo debutto, durante il Toronto International Film Festival, assicurandosi il People's Choice Award. È stato anche nominato per due Golden Globes ed è, a detta di molti, fra gli aspiranti alle candidature degli Oscar 2020. Qualcuno si è spinto addirittura oltre, arrivando a paragonare Jojo Rabbit al premio Oscar La vita è bella di Benigni. Il paragone regge perché il tema difficile è affrontato anche in questo caso in modo divertente.

Qual è il segreto per far ridere il pubblico, pur affrontando un argomento tabù come il nazismo?

«Mi fa già sorridere la domanda perché si tratta di un ruolo che mi ha divertita, ma allo stesso tempo mi ha colpita nel profondo. Rosie è una mamma sola, che deve crescere un bambino che ha opinioni diverse dalle sue. Sul set mi sono trovata spesso a urlare in faccia al piccolo Roman. Ogni volta, dopo la scena andavo da lui a scusarmi, anche se quelle urla facevano parte del copione. Posso assicurarvi che, almeno le prime volte, il ragazzo era realmente spaventato. Mi sentivo così male per lui. Anche il mio personaggio rimaneva ogni volta traumatizzato da quei litigi con il figlio. In sintesi Rosie è una donna sola, che ogni giorno cerca di proteggere il proprio piccolo da pericoli di cui lui non si rende neanche conto».

Che cosa rende il rapporto fra la madre e il figlio così complicato?

«Mentre sullo sfondo c'è una guerra in cui lei ha già perso un compagno e moltissimi amici, quando guarda dall'altra parte del tavolo di cucina vede questo bambino che, in un certo senso, rappresenta tutto ciò che odia, il fanatismo di quell'epoca, ma di fronte a lei c'è anche la persona a cui tiene di più in assoluto. Si tratta davvero di una posizione difficile, tanto che spesso recitando mi sono trovata a tremare per la tensione. Onestamente, spero che il film vi faccia ridere, ma non troppo».

Come farà questa mamma sola ad affrontare una situazione così difficile?

«A un certo punto questa madre e il proprio figlio verranno separati e lei, nonostante questa divisione non duri a lungo, non prenderà affatto bene la lontananza. Si sentirà responsabile, anche delle emozioni del bambino. Così, dopo che i due si ritrovano, ogni volta che ne avrà la possibilità, cercherà di fargli capire cosa è giusto e cosa non lo è, sperando che lui la ascolti. Non vuole che Jojo viva in un mondo di fantasie sbagliate, quando la realtà è molto più cruda di quanto lui possa immaginare.

In una situazione simile, riuscirà sempre a usare un pizzico di umorismo?

«C'è un lato divertente e giocoso in Rosie e credo che il motivo sia che in un mondo grigio e difficile come quello della guerra, almeno a casa cerca di regalare al bimbo dei momenti di spensieratezza. L'assenza del padre è molto difficile da compensare, non è stata una sua scelta rimanere da sola. Così cerca di usare un po' di humor per insegnare a Jojo come essere compassionevole ed empatico, mentre la brutalità della guerra miete vittime tutto attorno a loro.

Fino a oggi Waititi era conosciuto per avere diretto film comici o di supereroi, come si è avvicinata al regista neozelandese?

«Me ne ha parlato Chris Hemsworth, mentre eravamo sul set di Avengers: Infinity War (2018), aveva appena girato Thor: Ragnarok con Waititi e ne parlava in maniera entusiasta. Quando ho letto il copione di Jojo Rabbit, mi sono resa subito conto che si trattava di una gemma. Rosie mi ha conquistata subito, perché rappresenta una figura magica, calda e sicura. Tutto ciò che fa, deriva dall'amore, come quello che prova per suo figlio.

Adora fare la mamma, ma ha anche una lunga storia, ha vissuto molte esperienze e ha viaggiato».

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