Cultura e Spettacoli

Saggi e romanzi per raccontare l'Olocausto

Da Mommsen a Elie Wiesel, ecco gli intellettuali che ci aiutano a capire

Saggi e romanzi per raccontare l'Olocausto

Nel Giorno della Memoria, o nei suoi dintorni, sono moltissimi i libri a tema che arrivano nelle librerie. Un diluvio di carta in cui bisogna operare una scelta. Una scelta che aiuti una memoria vera, che aiuti ad avvicinare l'immensità di un orrore che sfugge per sua natura alla comprensione e che non deve essere annacquato in un ricordo «comandato».

Tra le uscite di quest'anno, aiuta sicuramente a capire il contesto in cui è nato l'odio nazista verso gli ebrei il saggio di Alon Confino (professore di storia alla University of Virginia e alla Ben-Gurion University): Un mondo senza ebrei. L'immaginario nazista dalla persecuzione al genocidio (Mondadori, pagg. 334, euro 22). Confino si muove fuori dalla tradizionale analisi della macchina di morte nazista per capire la genesi dell'odio nelle persone normali, in quei tedeschi che «semplicemente» gioirono o applaudirono mentre le sinagoghe bruciavano durante la Notte dei cristalli. Il risultato è una storia delle emozioni, della pancia della Germania ferita che si creò un nemico immaginario. E Confino è molto bravo a far vedere come i semi del male innaffiati dai nazisti fossero piantati nell'anima tedesca, e non solo, da molto prima. Il libro può essere letto in parallelo con L'antisemitismo di Steven Beller (il Mulino, pagg. 144, euro 13,50). Beller ricostruisce la genesi dell'odio irrazionale verso gli ebrei nell'Europa centrale e poi allarga l'orizzonte fino all'antisemitismo nel mondo musulmano. Dimostra con chiarezza come si tratti di un pericolo tutt'altro che estinto di cui la Shoah è solo il fatto tragicamente più evidente.

Torna in libreria anche un saggio fondamentale di Hans Mommsen (1930-2015): La soluzione finale (Il Mulino, pagg. 243, euro 13). Si tratta di una delle disamine più complete e chiare di come sia stata progettata e messa in opera la macchina dello sterminio. Molto tecnico ma anche attento a mettere a fuoco tutti i rischi di un ricordo statico e stereotipo è il saggio di Piotr M. A. Cywinski: Non c'è una fine. Trasmettere la memoria di Auschwitz (Bollati Boringhieri pagg. 148, euro 15). Cywinski è direttore del Memoriale e Museo di Auschwitz-Birkenau e quindi ha una chiara comprensione della potenza di un simbolo del genere e da sempre riflette su come debba essere.

Su un tema così difficile come quello della Shoah, i romanzi sono indubbiamente un terreno più a rischio della saggistica. Esiste il rischio di sconfinare nel favolistico e di distorcere la realtà. Questo pericolo non si corre di sicuro se ci si affida alle pagine del premio Nobel per la pace Elie Wiesel (1928-2016) di cui Giuntina ha appena ripubblicato Le porte della foresta (pagg. 253, euro 16,50). Wiesel ha vissuto personalmente l'esperienza del campo di concentramento, fu liberato a Buchenwald dall'esercito americano l'11 aprile del 1945. Nello stesso campo era poco prima morto suo padre.

Le porte della foresta è uno dei rari casi in cui esperienza personale e letteratura si toccano a pieno.

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