Cultura e Spettacoli

La Scala ha scelto il francese Meyer Ma Pereira resta fino a metà 2021

Un anno di coabitazione e poi spazio al sovrintendente designato

La Scala ha scelto il francese Meyer Ma Pereira resta fino a metà 2021

Da ieri sera è ufficiale. È Dominique Meyer il nuovo sovrintendente designato del Teatro alla Scala di Milano. Prende il posto di Alexander Pereira il quale uscirà di scena nel giugno 2021, in coincidenza con la fine del mandato del sindaco Beppe Sala. Meyer inizierà a lavorare a metà 2020 e affiancherà Pereira per un anno, che «sorveglierà», ma non «programmerà». Da subito nella rosa dei candidati alla successione di Pereira, Meyer non era però il favorito. Dopo il francese Lissner (2004-2014) e l'austriaco Alexander Pereira (a Milano dal 2014), si voleva un italiano, uno in particolare: Carlo Fuortes. Figura, la sua, che però non metteva d'accordo tutti.

Classe 1955, alsaziano, Meyer è cresciuto tra Francia e Germania. Viene da studi d'economia. Fino ai 35/40 anni ha incrociato incarichi universitari con quelli al Ministero della Cultura, dell'Economia e della Comunicazione e Media (tv e cinema). È dagli anni Novanta che si occupa di teatri d'opera e balletto: a Losanna, quindi al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi e dal 2010 alla guida dell'Opera di Stato di Vienna. Lascerà l'Austria nel giugno 2020, ma non prima d'aver messo a segno il gran gol di fine carriera (viennese). In maggio manderà in scena il Così fan tutte diretto da Riccardo Muti, direttore con cui collaborò anche nel 2004 per il lancio dell'Orchestra Cherubini, il complesso del cuore del Maestro. Chissà cosa riserverà l'asse Meyer-Muti. Ne seguiremo gli sviluppi.

Il mantra di Meyer: quando sorge un problema, non trovate il colpevole ma la soluzione. Dice di essersi innamorato dell'opera ascoltando Parsifal: aveva 17 anni. Era a Parigi. Fu amore a prima vista. Ferrato in economia, conosce e pratica la sottile arte della diplomazia. Detto questo. Va rilevato che non ha fatto studi musicali, o almeno non di peso. Eppure sceglie artisti e compone le stagioni. In un anno ascolta fra gli otto e i novecento giovani cantanti, come giudicarli senza l'abc che apprendi a scuola? Chi lavora con lui, ne elogia il fiuto nel comprendere l'artista nel suo complesso, andando oltre l'ugola in sé per cogliere - laddove vi sono - intelligenza, tempra, saldezza dei nervi, insomma il potenziale artista completo

In questi ultimi nove anni ha lavorato in un teatro totalmente diverso rispetto alla Scala. A Vienna in un anno si producono 60 titoli d'opera e balletto, solo il 10% sono nuove produzioni, per il resto si tratta di riprese. Bohème di Zeffirelli, per dire, è stata vista più di quattrocento volte. Il vintage piace a Vienna, Milano si ribellerebbe. Del resto è questo lo spirito di un teatro di repertorio qual è la Staatsoper di Vienna. Lì, approdano le stelle di ultima e penultima generazione, dalla Netrebko, alla Yoncheva, Abdrazakov, Alagna, Crebassa, Florez, ma anche vecchie glorie a fine carriera. Nella buca d'orchestra, alla testa dei Wiener, troviamo qualche nome di prestigio ma abbondano i direttori ingaggiati per portare in fondo lo spettacolo, di quelli che alla Scala rischierebbero il linciaggio. Una particolarità. La Staatsoper non ha un direttore musicale, nel 2004 Franz Welser-Möst si scontrò con Meyer e da allora si va senza direttore. Quanto a noi. L'attuale direttore musicale della Scala, Riccardo Chailly, non ha lavorato con Meyer. I due si fiuteranno e poi decideranno il da farsi? Il fatto di non aver allineato il contratto di Pereira con quello di Chailly di Chailly (in scadenza il 2022) potrebbe aprire nuovi scenari.

Non conosciamo le abilità di fund-raiser di Meyer. A Vienna lo Stato è generoso e copre più della metà del bilancio. Alla Scala dove i soldi pubblici coprono solo 1/3 del bilancio bisognerà muoversi diversamente. L'Opera di Vienna rasenta spesso il sold out, si rimarca. Prima cosa: a Vienna la musica fa parte della quotidianità. Sono poi stati sdoganati i biglietti a 4 euro per i posti in piedi, in circolo la sera stessa della recita.

Milano accetterebbe? La storica abbonata della Scala, non un capello fuori posto, vestita di tutto punto, storcerebbe il naso se al suo fianco sedessero spettatori last minute, con annessi e connessi? Forse reagirà sportivamente in vista del traguardo 2026 di Milano olimpica? Forse no.

Commenti