Cultura e Spettacoli

Scamarcio gay, cinico e spaccone

L'attore in «Euforia» si confronta con l'amato fratello malato

Cinzia Romani

Osa sempre di più Riccardo Scamarcio, ormai attore consumato e distante anni luce dal belloccio che faceva sognare la ragazzine nei film per giovani adulti. E, da protagonista quasi assoluto di Euforia (dal 25), commedia drammatica della sua ex-fidanzata Valeria Golino, anch'ella sempre più esperta nel maneggiare il mestiere di regista, mette in gioco anima e corpo. Dentro alla storia di due fratelli molto legati, ossia egli stesso e Valerio Mastandrea, quest'ultimo malato di cancro e bisognoso d'assistenza, l'attore alterna notti brave e centrifugati detox, pietas fraterna e desiderio insopprimibile d'un membro da suggere all'istante, Medugorje e cocaina. Perché il suo Matteo, imprenditore romano di successo, è un cumulo di paradossi, ben disegnati dalle sceneggiatrici Francesca Marciano, Valia Santella e Valeria Golino, con la collaborazione di Walter Siti. Al quale, probabilmente, si deve la conoscenza delle dinamiche omosessuali: da manuale, la scena in cui il protagonista spiega al fratello, teso a voler sapere chi penetra chi, tra lui e lui, come tutto dipenda dall'interlocutore. «Mi sono sentito a mio agio con una regista aperta, che sprona come Valeria. Euforia è un film organico, con personaggi pieni di paradossi. E le loro contraddizioni diventano carne e ossa, ma anche disincarnazione e trascendenza», spiega Riccardo, per il quale la Golino, stavolta, avrebbe «alzato l'asticella». E non ha paura del baratro l'interprete, qui generoso di sé come gay pronto a rinforzare i polpacci tramite chirurgia, mentre cinicamente predica «il futuro del business è la misericordia». A questa narrazione contemporanea, che è anche un omaggio di Valeria alla prestanza fisica del suo ex, accarezzato con la macchina da presa in lungo e in largo - mentre il povero Mastandrea fisicamente si spegne come una candela -, giova lo sfondo di Roma. Una Città Eterna struggente, tra lungotevere e strade notturne dense di vissuto, così lontane dal degrado attuale.

«Qual è il confine tra egoismo e altruismo? A volte, le due cose si sovrappongono. E la morte, quando arriva, si mescola alla vita. Il mio personaggio ha molti soldi e gestisce la vita del fratello malato come un business. Però, la malattia non si può gestire. Il film affonda le radici nel paradosso: un fratello è malato e cerca la vita; l'altro sta bene, ma cerca la morte», dice Scamarcio, che sul set ha improvvisato. Facendo anche ridere.

Come quando manda il fratello sul terrazzo, perché la camera gli serve: ha conosciuto un gay, al volo.

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