Cultura e Spettacoli

Scorsese documenta i cristiani massacrati

di Martin Scorsese con Adam Driver, Andrew Garfield, Liam Neeson, Ciarán Hinds

Il silenzio (apparente) di Dio. Quante volte, da cattolici, si è implorato un segno davanti al male, alla persecuzione, all'ingiustizia, accusando il Padreterno di disinteressarsi delle nostre vicende terrene, mettendo, addirittura, in discussione la sua reale esistenza. Scorsese riflette su questo aspetto fondamentale nella vita di un credente, mettendo un'altra pietra angolare alla sua cinematografia tormentata sul concetto di vocazione e terrore del fallimento, senza dare risposte definitive (anche la sua è una evidente ricerca del divino), ma offrendo tanti spunti di discussione anche per chi non abbia (apparentemente) fede. E lo fa con un film che pur raccontando una storia ambientata nel Giappone del 1640, è di una evidente attualità. Il massacro dei cristiani, per i quali nessun divo o diva di Hollywood spende parole a favore durante i discorsi di ringraziamento, è all'ordine del giorno e la guerra di religione che qualcuno sta combattendo ha cambiato il nostro modo di vivere quotidiano. Elementi che compaiono nella vicenda di due missionari portoghesi (Adam Driver e, soprattutto, Andrew Garfield) che decidono di partire, nel XVII secolo, alla volta del Giappone, alla ricerca del loro padre spirituale, Ferreira (Liam Neeson), che pare avere abiurato. Una volta arrivati, entreranno in contatto con comunità nascoste di cristiani, persone costrette a celare la propria fede per non essere torturate e uccise dall'implacabile inquisitore. L'integralismo e l'arroccamento culturale non ammettono conciliazioni. L'unico dialogo è la rinuncia. Se calpesti l'immagine divina allora sei salvo; altrimenti, muori. Davanti a questo scenario, il personaggio di Garfield prova a esercitare clandestinamente la missione, mentre i suoi fedeli muoiono da martiri. Come avviene ancora oggi. Catturato, viene spinto al limite dell'abiura; se non rinuncia al Credo, degli innocenti periranno. Un Dio che sembra rimanere in silenzio davanti a queste atrocità. Scorsese opta per una messinscena lineare, lenta, dilatata, puntando molto sugli aspetti intimi. I 161 minuti di durata, però, risultano eccessivi e controproducenti.

In ogni caso, è un film attuale, che colpirà, in particolare, la sensibilità del cinefilo cattolico.

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