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Se Al Capone diventa kolossal: al gangster dedicata una trilogia

Hollywood celebra i 65 anni dalla morte di Al Capone e il regista di "Harry Potter" si prepara a girare una monumentale biografia del gangster più famoso di tutti i tempi

Se Al Capone diventa kolossal: al gangster  dedicata una trilogia

Erano gli anni delle turbolen­ze sociali, del proibizionismo e della crisi economica, destinata a esplodere nel '29. Il capitalismo sembrava alle corde e a sopravvi­vere, anzi a ingrassare, era solo chi, davanti alle regole, alzava le spalle del gessato a righe. Come fa­ceva lui: Al Capone.

Sarà che la cri­si economica c’è anche oggi, sarà che nemmeno il capitalismo se la passa un granché bene, sarà infi­ne che la borsa internazionale ulti­mamente pratica lo sport del «bungee jumping», ma Al Capone - il leggendario gangster italo­americano soprannominato Scar­face (cicatrice), re di Chicago ne­gli anni venti, incastrato nel 1930 da una semplice condanna per evasione fiscale - è tornato di mo­da. E ci si mette, strategico, pure il calendario.

Sessantacinque anni fa, il 25 gennaio 1947, Capone mo­ri­va a soli 48 anni per arresto cardi­aco in seguito a un ictus, dopo an­ni di carcere e di esilio, per motivi di salute, in Florida. Già ad Alca­traz, dove scontava la pena che aveva posto fine al suo impero cri­minale, erano stati diagnosticati a Capone i primi segni di demenza per sifilide. Evidentemente, il vec­chio Al non era uno stinco di santo nemmeno tra le lenzuola.

Insomma, non deve stupire che, con un curriculum vitae del genere, il cinema si sia buttato a pesce sulla figura beffarda e pre­potente di Capone. Ieri,come l’al­tro ieri, come oggi. Sì perché la no­tizia è che Hollywood, dopo una lunga serie di film ispirati al miti­co Scarface e all’archetipo del gan­gster anni '20, torna a puntare i ri­flettori su di lui. Già a gennaio scor­so, in tv, il canale Studio Universal commemorò la morte di Capone trasmettendo il discusso film Al Ca­pone (1959) di Ri­chard Wilson, inter­pretato dal più tron­fio­e caricato Rod Stei­ger a memoria d’uomo.

È recente notizia, poi, che il regista britannico David Yea­ts, noto per aver dedicato quattro anni della sua vita (e altrettanti film) alla conclusione della saga cinematografica di Harry Potter , abbia in agenda un colossale pro­getto incentrato proprio sul gang­ster «italiano». Non un film, bensì tre. Una trilogia sceneggiata da Walon Green - intitolata Cicero , come il celebre locale di Chicago frequentato da mafiosi- che inten­de raccontare la parabola del­l’oscuro teppistello trasformatosi in un mammasantissima del cri­mine organizzato. A interpretare il famigerato Al sarà Tom Hardy, star in ascesa in quel di Hollywo­od ( atteso nel prossimo film di Bat­man Il Cavaliere Oscuro - Il Ritor­no ), faccia proleta­ria apprezzata nel pugilistico War­rior di Gavin O’Connor, volto vagamente evo­cante quello del mitico Paul Muni, protagonista del primo Scarface (1932), capolavo­ro dei gangster­movie diretto da Howard Hawks.

In chiave moder­na, mezzo secolo dopo, Brian De Pal­ma avrebbe realiz­zato il suo Scarfa­ce , affidando il vol­to di un simil-Ca­pone cubano pro­fugo negli States a un memorabile Al Pacino. Ma gli ap­punti che, si dice, David Yeats sta buttando fitti nel­la propria agenda non si rifanno agli ultimi film di gangster di scuola scorsesiana o depalmiana, come Goodfellas o Carlito’s Way , bensì ai grandi classici del passato. A film in cui troneggiano attori co­me James Cagney e Edward G. Ro­binson. Cagney, violento e senza sensi di colpa, fu indimenticabile in ti­toli ispirati chiara­mente a Capone e af­fini, come Nemico Pubblico (1931) di William A. Well­man, Gli angeli con la faccia sporca (1938) di Michael Curtiz e I ruggenti anni Venti (1939) di Raoul Walsh. Robinson, più cupo e aristocrati­co, ha lasciato il segno in film co­me Piccolo Cesare (1930) di Mer­vyn LeRoy o L’ultimo gangster (1937) di Edward Ludwig.

Non che la Hollywood più recente ab­bia snobbato gli anni '20, basti pensare al memorabile Al Capo­ne interpretato da Robert De Niro ne Gli Intoccabili (1987) di De Pal­ma, al Capone/Ben Gazzara di Quella sporca ultima notte (1975) di Steve Carver, a film come Era mio padre (2002) di Sam Mendes o il più recente Nemico Pubblico -Public Enemies di Michael Mann (protagonista Johnny Depp, in­centrato però sulla parabola di John Dillinger). Il meglio al quale però David Yates sembra voler at­tingere è quello in bianco e nero.

E come dargli torto.

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