Cultura e Spettacoli

Son Pascal, cantante napoletano in Kazakistan: "Qui ho trovato il successo"

Pasquale Caprino, in arte Son Pascal: "Dobbiamo essere meno provinciali, non si può partire per l'estero con l'olio e il parmigiano in valigia"

Son Pascal, cantante napoletano in Kazakistan: "Qui ho trovato il successo"

Qualcuno lo conosce per il reality-show “Pascalistan” trasmesso da Deejay tv, altri l’hanno scovato tra i video più popolari di Youtube. Il salernitano Pasquale Caprino, in arte Son Pascal, viene da Paestum, sulla costa cilentana, ma la fama l’ha ottenuta dove meno se lo sarebbe aspettato: nell’ex repubblica sovietica del Kazakistan, in mezzo ai deserti dell’Asia centrale.

Di mestiere fa il cantante, e nella repubblica centroasiatica è diventato una vera e propria celebrità: non ama essere definito una rockstar (“mi fa impressione, penso a Mick Jagger”), ma è abituato ai bagni di folla con cui i fan lo accolgono ad ogni concerto.

“Tutto è iniziato con una chitarra – ci racconta - Quella che mio zio, appassionato di musica rock, mi regalò per il mio decimo compleanno. Da allora decisi di seguire le sue orme”

“Il mio percorso discografico in Italia è stato breve e triste, provai a fare un disco che andò male, nel 2009. Facevo musica pop con influenze blues, ma a diciannove anni si suona un po’ quello che ti passa per la testa. Rispetto ai concorrenti di X-Factor avevo meno possibilità, erano i tempi dell’esplosione dei talent.”

“Nel 2010, deluso ma senza perdermi d’animo, me ne andai a Londra. Interpretavo George Harrison in una cover band dei Beatles, con baffi e barba finta. Ho imparato a suonare meglio la chitarra, girare l’Inghilterra è stata la mia palestra: un’esperienza molto formativa”

A cambiare la sua vita è stato l’incontro con una ragazza kazaka, conosciuta in un locale durante un concerto: “Mi invitò nel suo Paese, dove suo fratello era un attore avviato: ho scoperto un mondo e mi sono innamorato”

“Una volta in Kazakistan ho girato un video-parodia della canzone di Sting Englishman in New York rivisitata in salsa kazaka, l’ho fatta diventare Englishman in Shymkent. Shymkent è un po’ na Napoli kazaka, ci sono molti stereotipi a proposito della città del Sud: io, napoletano, mi sento molto shymkentiano.”

“Bene, il video si è rivelato una bomba, diventa virale su Youtube e da lì è iniziato tutto. Solo qualche anno fa non avrei mai immaginato di fare concerti di fronte a trentacinquemila persone che venivano lì solo per me”

“La vita in Kazakistan è molto diversa da quella in Italia. La gente è ‘fuori’, ama vivere al meglio, ci credono di più, c’è più voglia di fare, nonostante i problemi. A livello culturale il panorama non si può certo paragonare a quello europeo, ma i giovani kazaki escono, amano spendere e divertirsi.”

“Se consiglierei a un giovane italiano di trasferirsi qui? Sicuramente sì, ma io sono troppo impegnato, non farmi chiamare che poi non potrei stargli appresso (ride, ndr). E’ un posto con meno puzza sotto il naso rispetto all’Europa e ha molto più da offrire. E poi noi italiani sappiamo adattarci alle situazioni e farle nostre”

“Certo, non bisogna partire portandosi dietro l’olio e il parmigiano, se voglio la passata di pomodoro sto in Italia: bisogna abbandonare la mentalità da provinciali e aprirci. A volte è dura, ho dei momenti di tristezza, mi manca il sole e ho bisogno di sentire una voce italiana, ma poi mi consolo pensando che se fossi rimasto a Napoli sarei ancora dietro alle case discografiche.

E poi qui mi trovo bene, sono popolare e i miei concerti pieni di gente. E le ragazze sono fantastiche, alte e con quella bellezza asiatica… la musica mi fa apparire appetibile, con quel faccino simpatico da bravo ragazzo…”

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