Cultura e Spettacoli

Strappi e spaccature interne. Nel salotto del Salone è rissa

Grande scontento per il caso Altaforte. Organizzatori torinesi infuriati con la direzione «romana» di Lagioia

Strappi e spaccature interne. Nel salotto del Salone è rissa

I l Salone di Torino aveva appena smesso di litigare con Milano, città che voleva scippargli la titolarità della Repubblica del libro, e adesso si ritrova ai ferri corti coi romani... Le chiamano guerre geo-culturali. Secondo giorno al Lingotto e - salvata la manifestazione dai nemici esterni, più immaginari che reali, ossia i fascisti di CasaPound e i sovranisti editoriali ora i conti si regolano all'interno, dentro la grande famiglia della Kermesse del libro. Il caso Altaforte (l'editore di estrema destra espulso dal consesso librario dalla nuova alleanza di governo Pd-5Stelle, ossia Chiamparino-Appendino) ha avuto infatti due danni collaterali. Il primo: una generale figuraccia per come è stata gestita malissimo - tutta la faccenda. Il secondo: approfondire il solco tra Torino e i vertici torinesi che organizzano il Salone da una parte, e l'intellighenzia romana che lo dirige dall'altra, cioè Nicola Lagioia e la sua squadra di collaboratori (per due terzi tutti del giro capitolino: minimum fax, Rai3, la Repubblica...). «Ma dopo quello che ha combinato si chiedono in molti non c'è a Torino uno scrittore che vale un Christian Raimo?». Senza contare che persino dentro il comitato supremo del Programma continua a crescere il fastidio verso l'indifendibile Raimo, colpevole di aver creato tutto il pasticcio (dicono ci sia un chat di fuoco tra i suoi ex colleghi, e amici).

Intanto tra gli stand qualcuno rimpiange persino la vecchia guardia («Con Ernesto Ferrero tutto questo non sarebbe successo, altro stile»). Gabriele Ferraris, il giornalista più informato della città sulle cose del Lingotto, dice che «Al momento la direzione di Lagioia non è a rischio. Ma a Torino non si può mai dire». E ancora risuona l'eco di Marco Damilano (uno dei famosi «puri» sempre «più puro» degli altri) che due sere fa in tv ha ventilato una richiesta di dimissioni per l'ambiguo (a suo dire) Lagioia. Il quale, stravolto dagli eventi, ora rischia di vedere saltare il suo piano: tirare sino alla fine i suoi tre anni direzione, come da contratto, e poi messe radici nella Torino culturale che conta candidarsi a sostituire Ernesto Franco come direttore dell'Einaudi. Solo voci?

Di certo è che dopo lo strappo, è tutto un ricucire. Lagioia ieri ha cercato Francesco Giubilei, minacciato di morte dai Centri sociali dopo essere finito nella lista di proscrizioni del Minculpop del Salone, e poi (per rimarcare la sua distanza da Raimo?) ha presentato con grande partecipazione emotiva la performance in Sala Granata di Pietrangelo Buttafuoco. Titolo: Elogio del ribelle. Tema: la vera natura del ribelle, uno che non ha mai le prime pagine dei giornali, un'ospitata a Che tempo che fa o un'udienza in Vaticano. Il ribelle non è mai «sul» balcone, ma «sotto», come Cyrano de Bergerac. È l'epoca, la nostra, del totalitarismo inappuntabile che nega agli artisti la loro vera natura. Cioè, spiega Buttafuoco, «Essere fuori legge». E qualche malizioso potrà intravederci una metafora di quanto accade dentro il Lingotto.

Ecco, cosa accade dentro il Salone? Che il pubblico fluisce sicuro fra gli stand, al sicuro dallo stivale fascista, ma ecco il malumore di giornata attraversa il Padiglione 1, poi il 2, poi il 3 e poi un po' è stanco, un po' non ha visto le indicazioni non arriva neanche all'Oval, laggiù in fondo, alla fine di un lunghissimo corridoio: dal piazzale d'ingresso a qui è un chilometro. Ed è un peccato, perché qua ci sono gli editori più importanti, e come location è la più bella di tutte, con tanto di balconata a vista per la Sala stampa e la lounge del Circolo dei lettori, tutto di gran lusso. Il fatto è che Torino era invidiosa di Milano, voleva anche lei uno spazio elegantissimo. Dove non va nessuno. Comunque - secondo i rumors - lo stand Feltrinelli (per fare un esempio) nella prima giornata di Salone ha venduto la metà dello scorso anno. E più di un editore che si è ritrovato dislocato all'Oval dice che protesterà davanti all'Ufficio commerciale.

La vera protesta, però, ieri doveva essere quella lanciata da Michela Murgia. Prima che l'editore «vicino» a CasaPound fosse bandito dal Salone la pasionaria della Brigata Sassari aveva chiamato i lettori alla Resistenza: portate un libro antifascista da alzare alto come scudo contro la deriva autoritaria del Paese e del Salone, da sbattere in faccia a quelli di CasaPound. Risolta in modo più democratico la questione (censura), e sparita la ribalta mediatica, è rimasta Sala Rossa, a las cinco de la tarde - una semplice presentazione di libri a tema: Istruzioni per diventare fascisti, Fascismo anno zero, Neofascismi, Me ne frego... Quanto ci manca il Longanesi, avrebbe detto Malaparte...

Tra i padiglioni è tutto un rincorrersi di veline. Matteo Salvini domani non ci sarà a Torino alla presentazione del libro di Altaforte (location ancora segreta, da qualche parte in città). Franco Freda, ideologo nero di Ordine nuovo e fondatore delle Edizioni di Ar, si stupisce del chiasso di quest'anno, visto che lui ci è venuto per 12 con i suoi libri sulla razza. E in mezzo all'Oval, nello stand di Laterza - obelisco logistico e ideologico dell'antifascismo più splendido e puro svetta la colonnina dove i visitatori sono invitati ad appiccicare il proprio «credo», rispondendo in 13 parole alla domanda dell'editore: «Chi è fascista?», per capire a base maggioritaria fra il popolo dei lettori forti se nel nostro Paese esiste oggi il rischio di nuove dittature. Tra le risposte: «Fascista è chi non tollera le differenze e fa di tutto per emarginare ed eliminare chi è altro', diverso da me». Oppure: «Chi è fascista? Chi vuole escludere un espositore da un evento, quale il Salone del Libro». O: «Impedire a un editore di partecipare è fascismo». O anche: «Chi impedisce a un editore di entrare al Salone». E la sensazione, alla fine, è quella di un antifascismo che si morde la coda. Come un cane bastonato.

Bau.

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