Cultura e Spettacoli

Il superuomo è morto. Ma in compenso Dio sta benissimo

La secolarizzazione ha ormai perso la spinta propulsiva. Ovunque torna la voglia di fede

Il superuomo è morto. Ma in compenso Dio sta benissimo

Da quando, 135 anni fa, Friedrich Nietzsche raccontò la storia del pazzo che irruppe tra la folla una mattina di sole, con un lume acceso in mano, gridando «Dio è morto! E noi l'abbiamo ucciso», la notizia ha fatto molto discutere persone di ogni tipo e cultura. Circondata da un iniziale sospetto (come già Nietzsche racconta ne La gaja scienza e in Così parlò Zarathustra) ha visto poi crescere il numero di quelli che ci hanno creduto. Anzi, è stata addirittura ritenuta la caratteristica della modernità: il tempo, appunto, della morte di Dio. Tanto che anche gli Stati ne presero atto, a malincuore alcuni, altri ben felici del fatto, e promossero leggi e costumi in aperta violazione delle norme delle Sacre Scritture delle diverse religioni.

Si consentirono così gli aborti, la rottura del matrimonio, l'abbandono dei genitori, la violazione della natura e delle altre regole che le religioni ebraico-cristiane (ma anche la maggior parte delle altre), avevano da sempre riconosciuto come poste da Dio. Anche la filosofia, le scienze politiche, l'antropologia, la psicologia e le altre scienze umane, assieme naturalmente alla scienza delle religioni, si occuparono della morte di Dio e delle sue conseguenze nel tempo che venne così chiamato «processo di secolarizzazione». Di esso, ad esempio, parlano il recentissimo La secolarizzazione debole. Violenza, religione, autorità, di Marco Rizzi (Il Mulino), e L'incognita post-secolare. Pluralismo religioso, fondamentalismi, laicità, di Paolo Naso (Guida).

Un processo storico, accompagnato da fatti precisi, costituzioni, leggi, comportamenti, modi di pensare e di essere, che segnò la storia, e soprattutto le ideologie della modernità. Nella quale Dio o fu dato per morto, o comunque fu separato appunto dal «secolo», dalla vita quotidiana e civile delle persone, con la quale non doveva più avere nulla a che fare. Gli Stati Nazionali cavalcarono il processo di secolarizzazione, a seconda dei propri interessi e convinzioni. Nell'Europa continentale soprattutto per proteggere gli Stati dall'invadenza religiosa. Nei Paesi anglosassoni, al contrario, per proteggere la libertà religiosa dei cittadini dall'invadenza proprio degli Stati. I risultati furono simili (anche se gli anglosassoni evitarono così i totalitarismi): le convinzioni religiose, ormai ininfluenti nella vita delle persone, diventarono in Occidente sempre meno visibili, e sembrarono a lungo ormai aver perso ogni vitalità. Infatti le ideologie totalitarie tra le due guerre (ma il comunismo sopravvisse fino al 1990, e in Cina è ancora lì), erano atee, e anticristiane.

Naturalmente la scienza contemporanea ebbe un ruolo importante nel rafforzare il prestigio della secolarizzazione, affermando con forza il suo «dogma della matematica» (come lo chiamò Benedetto XVI nella sua lettera a Piergiorgio Odifreddi) e i metodi delle scienze naturali. Se tutto ciò che non si può misurare non esiste, allora Dio è morto, o magari non è mai esistito.

Però oggi è proprio la matematica, nella sua forma elementare di aritmetica, ad aver dato un colpo durissimo anche a quest'idea della morte di Dio, vista finora come un'ovvietà soprattutto perché dichiarata tale da un sacco di gente autorevole e potente. In particolare nei media e nel sistema di comunicazione, molto più impegnato di Dio nel determinare e condizionare i pensieri e le convinzioni delle persone. I numeri usciti dalle diverse indagini sociologiche, demografiche, sondaggi, etc. hanno infatti mostrato una realtà diversa dalla secolarizzazione. Dio non sembra affatto morto. Anzi. La gente lo vuole e lo cerca, anche con una certa crescente ansia e determinazione. Il fenomeno va completamente contro le aspettative delle istituzioni, a cominciare dagli Stati (che sulla morte di Dio, pericoloso concorrente, avevano puntato), ma anche le istituzioni preposte ai fenomeni religiosi, e soprattutto l'industria delle comunicazioni, saldamente posizionata dall'altra parte. Si cerca così di non dare troppo risalto a questi studi e ai loro risultati, anche per continuare a sfornare leggi come se Dio non ci fosse. Tuttavia, è questa la realtà che raccontano i libri che raccolgono i dati e gli studi sullo stato di questa secolarizzazione, che ha caratterizzato la vita e la storia della modernità. Soprattutto in Occidente, perché negli altri continenti e culture (che hanno spesso visioni diverse sia sulla ragione, sia sulla realtà) non pare aver mai avuto grande successo.

È sopratutto dagli anni '90, dalla dissoluzione dell'ultimo totalitarismo ateo, che hanno accelerato gli aspetti non solo quantitativi di crisi della secolarizzazione. Oltre che gli Stati e alle ideologie del Novecento, essa preoccupa anche le Chiese, come quelle cristiane, che in buona parte la consideravano un dato ormai acquisito, e su di essa avevano adeguato riti, liturgie e anche visioni teologiche. Ora invece diventano sempre più numerosi e importanti movimenti e culti che (anche al di fuori dalle Chiese) presentano visioni e pratiche spesso più vicine al Dio tradizionale della Bibbia, sembra anche in reazione ai forti aspetti di razionalizzazione (non così amati da molti credenti) introdotti dalle Chiese dal '900 in poi. Assieme a questi, però, ci sono gruppi religiosi che offrono invece liturgie e culti con scopi molto utilitari (la carriera, la salute etc.), che del resto avevano anche fatto da sempre parte delle esperienze religiose tradizionali, oggi spesso assimilati a superstizioni dalle Chiese.

Nell'insieme, comunque, come spiegano anche le statistiche mondiali del Pew Research Center (il think tank statunitense che fornisce informazioni sui problemi sociali) e altre organizzazioni, anche i cristiani (in particolare i cattolici) aumentano, come i fedeli di tutte le altre religioni, trainate dal ritorno del sacro. Ma meno degli altri. Forse anche perché non sono tanto sintonici con l'inattesa post-secolarizzazione. In essa, a guardarla con gli strumenti della psicologia analitica, è evidente un movimento dell'inconscio collettivo (di cui parlava Jung), esploso appunto dalla caduta del muro di Berlino in poi, di sempre più forte opposizione all'autoritarismo delle ideologie materialiste e razionalizzanti del secolo scorso e di richiesta di partecipazione a una franca ed esplicita visione religiosa, che restituisca all'uomo le forme della vita, oggi dissolte nella società liquida e nichilista della tarda modernità. Liberarsi di queste tendenze accusandole di fondamentalismo, o con la solita formula tuttofare del populismo, è ridicolo, per quanto la tentazione sia diffusa. Ma anche pericolosa: il rifiuto della richiesta di Dio da parte dei popoli ha infatti suscitato nella storia reazioni violente.

Se ci si guarda dentro, si vede bene che questi diversi movimenti non sono sorretti da aspetti sentimentali o nostalgici, ma da un senso religioso, anche se confusamente vissuto. Alla loro base ci sono uomini e donne che riconoscono di avere bisogno di Dio e che senza di lui la vita è difficile e non ha senso. È l'uomo post-illuminista che non si considera più illuminato, ma bisognoso del Signore. Lo Zarathustra di Nietzsche, dopo aver annunciato che «morti sono tutti gli dei», aveva aggiunto «ora vogliamo che il superuomo viva». Adesso, finalmente, dopo milioni di morti, abbiamo capito che non c'è nessun superuomo.

Ridateci Dio.

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