Cultura e Spettacoli

Trasgressiva e barocca La cantante Bartoli scopre un genio del '700

da Monaco

È un mezzosoprano da 10 milioni di dischi, 5 Grammy, onorari da decine di migliaia di euro, notorietà internazionale e trasversale. Chi è costei se non Cecilia Bartoli? Una donna tosta, di quelle che prendono il toro per le corna. Esempio. Ha lavorato tre anni al suo ultimo cd, Mission, e a impresa conclusa, ha predisposto un lancio regale, in barba alla crisi e ai rischi. La sua casa discografica, Decca, lunedì ha affittato un intero castello, Schleissheim di Monaco, invitando un centinaio di giornalisti da 20 Paesi. E al cospetto di altrettanti taccuini e ipad, Bartoli ha cantato in anteprima alcuni pezzi del suo cd con l'orchestra I Barocchisti di Diego Fasolis. Bartoli è l'acuta imprenditrice che manda a segno ogni colpo. Di lei si fidano ciecamente i discografici, anzitutto il grande capo Paul Moseley, che ammette: «Eventi di questa portata li organizziamo solo per lei». E solo una come lei può sognarsi di sollevare il caso di Agostino Steffani (1655-1728). Di chi? Appunto, di uno sconosciutissimo compositore di fine Seicento inizio Settecento che la Bartoli ha voluto riportare alla luce dedicandogli l'intero cd. Oddio, temete ceneri, polveri e anticaglie? Provate, invece, ad ascoltare queste arie di fuoco, di ira, di stupore, di languore, di affetti vissuti a fior di pelle come si usava in epoca barocca. Un bel tipo, poi, questo Steffani che di mestiere faceva il sacerdote, ed era diplomatico, inviato, tesseva le fila di matrimoni importanti, pare fosse pure una spia. Un gran faccendiere, vissuto tra un intrigo e l'altro, nella Germania protestante e cattolica, con agganci di ferro con il Vaticano.
A proposito. La sua rimane un'esistenza con enigmi da sciogliere. La cantante ha raccolto notizie e scritti a Vienna, Londra e Parigi, ha tentato anche la via del Vaticano, ma qui niente da fare, tutto sottochiave. «Peccato perché negli archivi ci sono lettere che potrebbero essere utili per ricostruire la vita». La Bartoli fa un po' la Dan Brown della situazione, e presenta un progetto con l'appeal di un Codice da Vinci. Tanto più che, col solito fiuto da imprenditrice, ha voluto che la vita di Steffani diventasse il soggetto di un giallo: commissionato a Donna Leon, scrittrice di bestseller che ha intitolato il libro The Jewels of Paradise. Storia che sta per diventare anche un'applicazione per Ipad, pronta il 22 ottobre.
Nella copertina del cd la Bartoli impugna un crocefisso, vestita da sacerdote, calva/o, sguardo gelido. In altre foto, è lì che sussurra qualcosa a un papa. Che dirà la Chiesa di tutto ciò? «Dovrebbe essere soddisfatta, riportiamo alla luce la figura di un uomo che spese la vita per divulgare il cattolicesimo», spiega Bartoli. Lo spiega da donna briosa ed effervescente, che entra in scena cantando, danzando e tamburellando. Artista sfrenata fin che è in palcoscenico. Ma quando scende, è una che si circonda di collaboratori svizzeri, si prende un marito svizzero e vive a Zurigo. Che rapporto ha la Bartoli con la religione? «Sono nata e cresciuta a Roma, anche se a 18 anni ho poi iniziato a girare il mondo. Ho vissuto in una città che ha più chiese che case. Però è attraverso la musica e l'arte in generale che ho capito che esiste un'altra dimensione», risponde. Ha girato il globo, disertando in questi ultimi 19 anni la Scala. Ma il 3 dicembre torna per il concerto di inaugurazione della stagione dell'Orchestra Filarmonica. Così brucia la prima della Scala, il fatidico 7 dicembre. «Ma no, non è vero. La prima della Scala rimane un grande evento. Però è pure importante spendere energie per inaugurare la stagione concertistica. Quel che conta è che finalmente torno. Alleluja! Quando Barenboim mi ha telefonato proponendomi questa cosa, non ci ho riflettuto: ho detto subito sì. Faremo Mozart e un po' di musica italiana. Io voglio cantare in Italia, la musica siamo noi. Continuo a fare progetti su compositori di artisti di casa nostra perché è la cultura il nostro petrolio. Non bisogna chiudere i teatri, semmai aprirli». In tempi di crisi? «Guardiamo a quanto investono nella cultura Francia e Germania, quanti festival, per dire, mettono in campo. L'Italia deve avere più coraggio e chiedere di più». A proposito. Il 2013 sarà l'anno di Verdi, nato due secoli fa. La Bartoli cosa si aspetta dall'Italia? «Al momento non ho ancora sentito nulla. Ma si fa qualcosa? Non sarà un'occasione mancata, spero. Non si parla di Verdi: Verdi va eseguito». Cosa si aspetta dall'Italia post-Monti? «Monti? Mi vien da dire: mari. Qui in Europa siamo sulla stessa barca. Con questo euro si impongono sacrifici per tutti». Cantanti compresi... Hanno chiesto, alla Bartoli, mezzosoprano più pagato al mondo, riduzioni del cachet? L'argomento scotta, e Bartoli svia.

Come Steffani, gran diplomatico, insegnò.

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