Cultura e Spettacoli

Troppe mostre su Leonardo. E ci manca quella giusta

In Italia è in corso una specie di «festival» diffuso Con tanto campanilismo e poca profondità

Da Wikipedia
Da Wikipedia

In uno dei momenti più esilaranti del cinema italiano, Massimo Troisi e Roberto Benigni, proiettati nel passato, cercano di spiegare a Leonardo come si gioca a scopa, come funziona il termometro, che cos'è e a che cosa serve il treno. Eppure il Genio, che di cose ne aveva inventate tante, li guarda interdetto, senza parole, dimostrando di capirci proprio poco del futuro che lo attende. In Non ci resta che piangere, era il 1984, i due comici dissacravano uno dei massimi artisti italiani di ogni tempo, l'esatto contrario di ciò che accade oggi, a cinquecento anni dalla morte: un'infinità di celebrazioni, grandi e piccole mostre, spettacoli, convegni, film, manifestazioni. Molte curiose, alcune francamente pleonastiche, nessuna davvero fondamentale ed esaustiva, come è invece quella in programma per l'autunno a Parigi, al Louvre, per la quale è in atto la resistenza ai prestiti da parte italiana, a non dissimulare la polemica politica tra governi e persino una certa invidia, perché Oltralpe le mostre le sanno fare molto bene, meglio di noi.

Il «caso Leonardo» dimostra, una volta ancora, la nostra natura parcellizzata e campanilista. Se ognuno lo celebra a suo modo, il risultato non potrà che essere parziale e annacquato. Invece di approntare due grandi esibizioni (mi verrebbe da dire a Milano e a Firenze) meglio che ciascuno si organizzi la propria, magari puntando sulla clamorosa scoperta scientifica, un'impronta digitale o - addirittura - una ciocca di capelli. Fatti che potrebbero ribaltare secoli di storiografia (sto, ovviamente, scherzando).

E così dopo il tormentone Sessantotto, il 2019 è «Leonardo dappertutto». Da Torino a Milano, da Firenze a Vinci, da Venezia a Genova, da Prato a Roma, da Parma a Fabriano, senza contare le opere che se ne stanno tranquille nei loro musei di appartenenza. Mai si era vista una cosa simile, neppure per il Caravaggio adorato come una rockstar. Il vinciano, di cui il Vasari diceva «avendo uno intelletto tanto divino e maraviglioso, che essendo bonissimo giometra, non solo operò nella scultura e nell'architettura, ma la professione sua volse che fosse la pittura», ha subito negli ultimi decenni una trasformazione da artista totale (e per questo anticipatore della sensibilità contemporanea) a vera e propria icona pop. Dopo il mistero legato alla Gioconda, il volto segnato nell'autoritratto da vecchio, ci hanno pensato i thriller di Dan Brown e i successivi film a rimetterlo in cima alla classifica dei top five di ogni epoca. Ogni tanto viene fuori qualche nuova scoperta, qualche dubbia attribuzione, fino al clamore suscitato dal record d'asta per il Salvator Mundi, acquistato tra molte polemiche nel 2017 e che ora ha fatto perdere le tracce. Dove sarà finito? Il giallo continua.

Se è pur vero che l'arte contemporanea è quella di cui si discute ancora indipendentemente da quando sia stata prodotta, allora Leonardo è super-contemporaneo, certo più di tanti che espongono in Biennale. E infatti le decine di mostre sparse in Italia lo confermano. A star dietro a tutte c'è il rischio di overdose. Solo a Milano, tra Palazzo Reale, Castello Sforzesco, Museo della Scienza e della Tecnologia, Museo del Novecento se ne contano una mezza dozzina. Tre sono a Firenze, agli Uffizi, Palazzo Strozzi, Palazzo Vecchio. Ai Musei Reali di Torino è in scena il Leonardo disegnatore con 13 lavori autografi tra cui l'Autoritratto e alcuni studi per la Battaglia di Anghiari. Si saluta il ritorno della Madonna Benois prima a Fabriano poi a Perugia, e chi non può contare sul reale si aggiusta col virtuale (già sperimentato e criticato per Caravaggio, gli Impressionisti e Van Gogh), perché a pensarci bene le opere si vedono anche meglio riprodotte in grande che non dal vivo.

Ci troviamo in presenza di un «Leonardo festival» itinerante e diffuso e fatichiamo a contarle tutte, le diverse iniziative, né ci sorprende di trovare qua e là qualcosa che non avevamo previsto, tipo la rilettura del vinciano da parte di qualche artista di oggi, a cominciare dalle videoinstallazioni di Studio Azzurro. Va a finire che per ammirare e capire la grandezza di un personaggio che non ha uguali toccherà ancora una volta andare a Parigi, pagare un biglietto carissimo e affrontare lo stress di file interminabili. Immagino già il casino di quando toccherà a Dante (nel 2021).

Tanto vale dirlo prima: fate una mostra, ma fatela bella e soprattutto una sola.

Commenti