Cultura e Spettacoli

Tutte le piccole grandi cose che hanno fatto la Storia

Due studiosi britannici raccontano gli oggetti a cui nessuno pensa, ma che hanno cambiato il nostro destino

Tutte le piccole grandi cose  che hanno fatto la Storia

Ci sono tanti modi di guardare la Storia. Quello di Sam Willis e James Daybell è molto particolare. Sia chiaro sono storiografi titolatissimi: Willis (1977) è uno dei massimi esperti di guerre navali dall'Invincibile Armada alla battaglia di Trafalgar, Daybell insegna all'Università di Plymouth ed è membro della Royal Historical Society.

Però da anni portano avanti una serie di podcast Histories of the Unexpected. Queste audio lezioni trasmesse in rete, e seguitissime dal pubblico anglofono, sono state trasformate in un volume che è arrivato in Italia per i tipi del Saggiatore (pagg. 514, euro 35). Nei podcast come nel volume i due professoroni raccontano la storia dell'umanità sfruttando gli oggetti e le invenzioni più strane e impensabili. Qui ve ne offriamo qualche esempio. Tra le centinaia che si trovano nel volume.

GUANTI I guanti hanno fatto la Storia? Sì. Vedete un quadro di una dama del tardo Cinquecento o del primo Seicento che porta un guanto sì e uno no? Significa che la dama era di facili costumi. O che voleva fare una proposta esplicita all'uomo a cui il quadro veniva donato. Cosa si regala ad un monarca? Spesso dei guanti visti come simbolo di potere. Però alla fine, scusate il gioco di parole, il guanto era un regalo da maneggiare coi guanti. Sir William Cecil (1520-1598) sconsigliava alla regina Elisabetta I di accettare in dono guanti. Potevano essere avvelenati durante la concia. Oddio spesso li lavoravano con sostanze che noi considereremmo tossiche e quindi l'avvelenamento poteva essere anche involontario.

BARBA Segno di civiltà o di barbarie? Salubre o sporca? Virile o da debosciati? La guerra tra pogonofili (pro barba) e pogonofobi (inorriditi dalla peluria facciale) dura dal tempo dei romani. C'era chi se la faceva crescere, a imitazione dei greci e chi la deplorava in nome del mos maiorum come Catone il censore (234-149 a.C.). Per molti germani invece era un segno di debolezza. Ci si poteva radere solo dopo aver ucciso il primo nemico in battaglia. Non così per i vittoriani dopo la guerra di Crimea (1853-1856). Quando i valorosi soldati della Regina tornarono a casa con dei barboni pazzeschi tutti iniziarono ad imitarli per sentirsi virili. Insomma lo status sociale è anche questione di peli. Ma il modo di intenderli cambia di continuo.

POLVERE Dust if you must scriveva Rose Milligan ma la polvere è una questione notevole per gli storici, quasi più che per le casalinghe. Ad esempio l'inizio dell'era industriale è l'inizio di un'era piena di polveri... Raccoglierle nelle città divenne un vero e proprio affare. Non si trattava solo di salute pubblica, venivano reimpiegate per fabbricare i classici mattoni delle casette vittoriane. E nelle fabbriche la polvere era un vero incubo per gli operai tanto da aver gettato le basi per la nascita della medicina del lavoro. Nei primi dell'Ottocento Greta Thunberg sì che avrebbe avuto motivi di gridare allo scempio ecologico. E anche la polvere dei deserti conta. Le tempeste passate alla storia sotto il nome di Dust Bowl hanno contribuito alla Grande depressione quanto la borsa anche se non se lo ricorda quasi nessuno.

PRURITO La storia è fatta anche di pulci. In epoca di peste sentire un prurito poteva essere anche questione di vita o di morte. C'è tutta una storia fatta di metodi per catturare le pulci. Quello a cui Willis e Daybell dedicano più spazio? Una fiala d'avorio conservata al Louth Museum nel Lincolnshire. La si riempiva di sangue o lardo e la si metteva al collo sperando che attirasse le pulci.

CICATRICI Una foto dello schiavo Gordon fuggito dalle piantagioni della Louisiana nel 1863 raccontò senza nemmeno una parola la crudeltà dello schiavismo. Bastarono le cicatrici sulla sua schiena. Quella fotografia pubblicata dai giornali nordisti divenne un potentissimo strumento di propaganda nordista. Per Otto von Bismarck (1815-1898), l'artefice della riunificazione tedesca, invece le cicatrici erano un biglietto da visita. Sostenne 25 duelli nel primo anno di università. Considerava l'enorme cicatrice che portava in viso una sorta di garanzia delle sue qualità guerriere. Per gli Junker erano un vero e proprio status. Oggi i politici preferiscono i selfie. Ma le cicatrici che più hanno fatto storia sono quelle prodotte dal vaiolo.

Nel libro di Willis e Daybell però troverete anche molto altro: l'importanza degli orologi rotti, la lunga vicenda delle bolle di sapone, una cronologia del pianto, l'importanza delle scatole nelle vicende umane, l'utilizzo dei sogni da parte di politici, re e regine per fare scelte politiche, l'utilizzo delle nuvole che facevano gli esploratori...

Insomma farete un viaggio alternativo nel passato a partire dal dettaglio che nei manuali di storia non entra. Ma attenzione è tutt'altro che un gioco. Il capitoletto sulla graffetta conta in bibliografia ventinove testi consigliati.

Ci sono saggi interi che ne contano meno.

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