Cultura e Spettacoli

Vietato ai minorenni il cartoon per bambini: sul suicidio non si ride

La Bottega dei suicidi, pellicola d'animazione che ironizza sui modi per togliersi la vita giudicata "pericolosa". Il regista: "Divieto assurdo". Il produttore: "Lo ritiro dalle sale"

Vietato ai minorenni il cartoon per bambini: sul suicidio non si ride

Allora è vero quanto sostiene il bel film per l'infanzia Le 5 Leggende di Peter Ramsey e William Joyce: i bambini di tutto il mondo vanno difesi dalla minaccia dell'Uomo Nero. Ossia da qualunque elemento possa spegnere l'aspettativa del Bene di cui si nutre l'innocenza. Così non stupisce più di tanto che ieri la commissione ministeriale di revisione cinematografica (cioè la censura) abbia vietato ai minori di 18 anni La bottega dei suicidi, film d'animazione del 64enne Patrice Leconte, già in passerella a Cannes e in uscita prevista da Videa per il 28 in tutta Italia, per il 21 invece a Roma, al cinema Fiamma. Ecco la motivazione del veto: «Il tema del suicidio è trattato con estrema leggerezza e facilità di esecuzione, come fosse un atto ordinario o un servizio da vendere al dettaglio, creando il pericolo concreto di atti emulativi da parte del pubblico più giovane». E il distributore italiano - Sandro Parenzo della Videa - in polemica con la decisione, lo ritira dalle sale: «Questo divieto è assurdo, che senso ha farlo uscire vietato ai 18?»:

Dopo decenni di mostri, vampiri alla Twilight, lupi mannari e deformi creature gotiche le più macabre e nere, ma in salsa burlesque (vedi i recenti Hotel Transylvania e Un mostro a Parigi), è la prima volta che da noi passa tale chiaro avvertimento. Turba a Natale, proprio quando i più piccoli vanno al cinema con mamma e papà, o con gli amici, un film intitolato La bottega dei suicidi, che ha fin nel titolo il tema autodistruttivo di fondo. Va da sé che questo lavoro del regista francese, tratto dal romanzo omonimo di Jean Teulé, è «politicamente scorretto» e si conclude col canonico lieto fine. Questo avrebbe dovuto tappare la bocca ai critici eventuali. Fatto sta che Oltralpe associazioni di genitori e una parte della critica avevano già protestato per il concetto di base. A esempio, Thérèse Hannier, presidentessa dell'associazione «Phare Enfants-Parents» aveva deplorato la banalizzazione del suicidio: «Sotto forma di disegno animato, il film viene presentato come buffo e burlesco. Tuttavia, virando in derisione il tentativo suicidario, può choccare un gran numero di persone, coinvolte dal suicidio o dal tentativo di suicidio di familiari. Se gli adulti hanno la capacità d'interpretare la storia, bambini e adolescenti, per i quali l'attrazione della morte e il rifiuto della vita e della società sono già fattori di fragilità, non possono afferrare il carattere umoristico del film». «Che c'è di più dolce / siate lucidi e non timidi/ non c'è niente da dire / c'è il suicidio» cantano nel film i membri della famiglia Tuvache, da generazioni gestori d'un negozio dove vendono corde per impiccarsi, veleni per farla finita, kit per l'harakiri. La cittadella dove operano i funesti bottegai, cioè papà Mishima, specializzato in morti violente (lo scrittore giapponese Yukio Mishima, fece seppuku, cioè si sventrò, nel 1970) e mamma Lucrezia, esperta di pozioni velenose come la nobildonna Borgia, è un postaccio lugubre, dove nessuno vuole vivere. Tranne questi genitori attrezzati per uccidere e i loro figli, tristi e depressi: Vincent, come il pittore suicida Van Gogh; Marilyn, come la star «suicida» Monroe e Alan, come lo scienziato omosessuale Turing, suicida nel 1954. «Avete sbagliato la vostra vita? Con noi, vi riuscirà la vostra morte!» recita una delle pubblicità di bottega, dove «chi è soddisfatto, non torna». Insomma: «morti o rimborsati».

Patrice Leconte, nel frattempo, scherza sul «no» italiano, «ridicolo, a due giorni dalla fine del mondo». Però è sotto choc: «In nessun altro paese questo film ha avuto divieti. Ho una nipote di 8 anni e ho pensato continuamente a lei facendo il film». Finito Bambi, spento Twilight, il tema della morte prende piede nei film animati. A gennaio arriva Frankenweenie di Tim Burton: un bambino rianima il cadavere del suo cane e non è un film a colori. Anzi, è stato a lungo rinviato perché ritenuto troppo forte proprio per il suo giovane pubblico di riferimento.

Il dibattito su cosa scandalizzi l'infanzia, aperto già nella Bibbia, non finisce qui.

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