Russia 2018

Akinfeev da bollito a eroe La Russia fa fuori la Spagna

Il portiere, disastroso nel 2014, si esalta con il muro russo e poi para due rigori. Spento il tiki taka delle Furie Rosse

Akinfeev da bollito a eroe La Russia fa fuori la Spagna

Matteo Basile

Una delle cose straordinarie del calcio è che, a volte, ti concede una seconda occasione. Mondiale 2014, prima partita della Russia. La squadra all'epoca allenata da Capello esordisce contro la Corea del Sud. È in vantaggio ma pareggia per una papera clamorosa di Igor Akinfeev, di professione portiere. Un errore che alla fine dei giochi, costa l'eliminazione alla Russia. Colpa sua, colpa di Akinfeev. Quattro anni di onta e disonore, l'etichetta di bollito. Per diventare, ieri sera, un eroe nazionale. Tutto dimenticato. Tutto perdonato, con gli interessi. È lui, Igor Akinfeev a fermare la ben più titolata Spagna, con le mani e con un piede, portando di forza la sua nazione ai quarti di finale del Mondiale ospitato dalla Russia. Un'apoteosi. Una benedizione del dio del calcio che arriva proprio quando non te l'aspetti.

Già, perché alla vigilia quasi nessuno tra i russi avrebbe predetto un finale così. I campioni spagnoli contenuti e limitati, portati in parità alla fine della partita e ai supplementari e poi battuti ai rigori. Merito di una prestazione brutta da vedere ma maledettamente efficace. Tutti dietro, catenaccio vecchia maniera, palla lunga e pedalare. Brutta ma buona, tutta cuore e polmoni con giocatori come Golovin a correre avanti e indietro senza sosta per 120 minuti. Di contro la Spagna saluta il Mondiale con una partita delle sue, di quelle che in questa kermesse aveva già fatto vedere. Possesso palla snervante, quasi soporifero, tiki taka portato all'estremo ma poca, pochissima concretezza. E allora è inutile fare più di mille passaggi e tenere un possesso palla praticamente costante se alla fine non si segue la regola principale del gioco del calcio: vince chi fa gol. O, interpretandola alla russa, vince chi non ne fa fare agli avversari più forti. Vale anche così. Eccome se vale.

Troppo monotematico il gioco della Spagna, troppo sterile e inutile il dominio. Nonostante lo spartito russo rischi di saltare già in avvio. Cinque dietro, quattro in mezzo e il solo gigante Dzyuba in avanti. È l'11' quando la Roja trova il vantaggio con un autogol di Ignasevich nel tentativo di anticipare Sergio Ramos sugli sviluppi di una punizione. La svolta, di fatto, arriva qui. Perché ti aspetti una Russia che si sbilancia e una Spagna che entra negli spazi a suo piacimento, invece la tattica scelta dal ct Cherchesov rimane la stessa. Voi giocate pure la palla, noi non molliamo di un centimetro. Gli dice bene al baffuto ct, perché al 40' Piquè tocca con un braccio il colpo di testa di Dzyuba in area. È rigore che lo stesso gigante trasforma. Una pacchia per la Russia, che può tornare tutta dietro a difendersi e tentare di ripartire come può lasciando il pallino agli sterili e un po' spocchiosi spagnoli. Diego Costa non punge, Iniesta entra a mezz'ora dalla fine e sfiora il gol nel finale dei tempi regolamentari mentre nei supplementari Akinfeev è decisivo sul neo entrato Rodrigo.

Ma niente, il muro russo tiene e non vacilla. Portare la Spagna ai rigori sarebbe già un'impresa da applausi ma il dio del calcio ha deciso che è la giornata di Akinfeev. Rigore parato a Koke, rigore respinto di piede a Iago Aspas e Russia ai quarti. La vittoria del cuore, la sconfitta del tiki taka. E chissà se quel 2 settembre a Madrid l'Italia avesse fatto come la Russia invece che gettarsi all'arrembaggio con il 4-2-4.

Facile dirlo col senno del poi ma forse staremmo raccontando un Mondiale, per noi, ben diverso.

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