Sport

Ancelotti, il diesel perfetto ha stregato il Real

Un libro non si giudica dalla copertina ma dopo averlo letto. Così è per un allenatore di calcio. Specie se di nome fa Carlo, Carletto per gli amici arruolati in 35 anni di carriera strepitosa, e Ancelotti di cognome. Con un curriculum da far schiattare d'invidia molti colleghi: stregati gli invincibili di Milanello, Londra e Parigi addomesticate, prima di volare tra le braccia di Florentino Perez per prendere posto sulla panchina che fu, nientemeno che di Josè Mourinho. Un allenatore non si giudica dai primi risultati ma solo dopo averlo visto lavorare, e sodo, lungo i mesi della stagione. A Madrid, Carletto nostro, ha raccolto rari consensi e una immotivata inimicizia: qualche “periodico” ha provato a rosorarlo a fuoco lento, il popolo madridista è rimasto incerto e in bilico tra la delusione per la mancata marcia trionfale e la simpatia spontanea destata dal personaggio, così diverso dal portoghese che aveva avvelenato l'acqua del pozzo. Solo un opinionista di fama, Santiago Segurola, adjunto al director di Marca, gran sacerdote dello stile calcistico e della tradizione blanca, ne ha colto in anticipo i segnali del prodigioso lavoro svolto fino alla conquista di questa incredibile finale tutta madrilena.
Anche Florentino Perez, il presidente, colui che s'era lasciato convincere dal flop di Mourinho, è rimasto schierato tra gli scettici nei mesi passati sempre pronto a interrogarsi sulla bontà della scelta e a interrogare i suggeritori di quella mossa («ma chi mi sono messo in casa?»). «Guarda Florentino che Carletto è un diesel, alla distanza verrà fuori» gli pronosticò Ernesto Bronzetti, noto agente con casa a Madrid e interessi in Italia, nei giorni in cui la partenza fulminante dell'Atletico nella Liga provocò più di un malumore nel club. «Guarda Florentino che Carletto non ti lascia mai a piedi» il sostegno sincero di Adriano Galliani che con Ancelotti ha vissuto al Milan 8 anni irripetibili ricchi di finali e di successi in giro per l'Europa e per il mondo. Dal presidente fissato con la conquista della Dècima mai una frase carina per “l'italiano”, mai un giudizio al miele mentre Carletto armeggiava con lo schieramento, si affidava al Cristiano Ronaldo dei record, capace di arrivare a 16 gol in una sola stagione di Champions, riscaldava la freccia Bale e passava dal 4-3-3 al 4-4-2 che è stata poi la genialata per affondare col contropiede velenoso il Barça in coppa del Re e per schiantare l'armata di Guardiola in Champions league.
Carletto non ha mai inarcato il sopracciglio quando lo hanno “attaccato” per il figlio al seguito nello staff, né per qualche sfondone sgabbiando in Liga, fino a raggiungere dopo 12 anni la finale diventata l'ossessione del Real. «Nel calcio il segreto è uno solo e si chiama equilibrio» il suo mantra prima della sfida perfetta con il Bayern, ha ricordato a Vecchi e Mauri, i due collaboratori trascinati in Spagna, quella lezione inflitta al Manchester United. Ma all'equilibrio ha aggiunto il solito contorno: rapporto splendido col gruppo, una salute fisica fiorita sul far di maggio, che è stato da sempre il suo mese preferito.

Quando hai dimenticato la copertina e hai letto fino all'ultima pagina il libro.

Commenti