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Antonio decide pure i suoi mal di pancia

Antonio decide pure i suoi mal di pancia

Antonio Conte incomincia a fare i capricci. È roba del suo repertorio, del suo carattere. Un lamento appena accennato, un mugugno che nasconde il suo malcontento. Non per il gioco della squadra, è preso e molto deve essere fatto. È il mercato che non soddisfa il tecnico salentino: «Mi aspettavo fossimo più avanti». Perché? Per chi e per che cosa? Forse per Lukaku? O per Dzeko? O per qualche altro che garantisca sostanza all'attacco dell'Inter? Ma chi ha deciso di lasciare fuori dal giro Icardi e Nainggolan? Beppe Marotta in esclusiva, da uomo solo al comando? Nemmeno un bambino potrebbe cascarci.

Conte si è presentato a Milano dicendo di essersi allineato alle scelte del club. E qualcuno ha abboccato, ha, cioè, creduto all'alibi dell'allenatore che è rientrato in serie A non certamente per accettare decisioni che non condivide. Qualcuno è così candido da pensare che Antonio Conte si possa essere trasformato in impiegato della ditta nerazzurra, lui che è un leader, il migliore allenatore italiano al mondo, e non per i risultati ottenuti sul campo ma per lo spirito professionale che lo accompagna sempre e dovunque e comunque, per la capacità di trasmettere questa filosofia, questa appartenenza al gruppo, prima, e alla squadra, dopo, fino all'ultima goccia di sudore?

Forse Conte non ha capito che la piramide cinese abbisogna di tempi e riflessioni, infine di decisioni alle quali lui non è abituato, al di là di vecchie e paesane battute sul portafoglio del club di riferimento. L'Inter è una società di storia forte, antica, intristita dai nuovi padroni stranieri, indonesiani e cinesi dopo la belle e grandiosa époque di Massimo Moratti il quale, a differenza di Thohir e Suning, avrebbe già realizzato i desideri dell'allenatore, sia Spalletti (Modric o Vidal), sia Conte (Lukaku e Dzeko). Conte ha sbagliato il tempo del trasloco a Milano. È arrivato quando l'Inter ha cambiato il capo ma lui spera di farle cambiare pelle. Può farlo ma a patto di crescere, buttando in discarica le fissazioni, le ombre e anche la presunzione.

Se ci riuscirà l'Inter è attesa alla grande sfida, non per agganciare il Napoli (la qual cosa non interessa un amen ai tifosi) ma di battere la Juventus. Non altro. È molto.

È tutto.

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