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Arese costretto a lasciare una federazione da rifondare

Una umanamente struggente lettera di Franco Arese (nella foto) ha ufficializzato al mondo dell'atletica il suo levar di braccia: non si ricandiderà alla presidenza della Fidal, la federazione di atletica leggera. Lo hanno convinto problemi di salute. «Nell'atletica e nella vita incito spesso a non mollare. Da sempre il mio motto», ha scritto. Stavolta, invece, non se la sente di andare avanti. A 68 anni resterà legato all'atletica («la mia vita») come un tifoso. Lascia la presidenza dopo otto anni, fu eletto la prima volta a Chianciano Terme il 27 novembre 2004. Il suo essere stato atleta, campione (titolo europeo nei 1500 metri a Helsinki 1971), eppoi manager- imprenditore di successo, ne avevano fatto un presidente dall'alone di grande credibilità. Un invito a credere nella resurrezione dell'atletica dopo la presidenza di Gianni Gola. Arese ci ha provato, è partito con piglio gladiatorio, ma poi si è afflosciato in un vivere mediocre nei gangli di un mondo e una federazione persa in troppe beghe da cortile. Il buco nero lasciato da Gola si è allargato: sono arrivate vittorie, record, ma tante occasioni perdute. Oggi c'è un vuoto di atleti e di tecnici, ben preparati, che spaventa. Gli ultimi sei mesi di gestione sono stati uno sprofondo: dal caso Schwazer alla perdita di Howe e della Di Martino per le Olimpiadi.
Ora si giocheranno la poltrona il suo vice Alberto Morini e Alfio Giomi, vice del precedente presidente. Forse Arese ha capito che la lotta sarebbe stata dura, ma l'atletica si meritava qualcosa di più: corre inseguendo il passato e non il futuro.

Di solito non paga.

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