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Avanti Marsch! È il primo tecnico Usa della Champions

Il debutto con sei gol, poi ha messo paura ai campioni del Liverpool. E stasera la sfida al Napoli

Se esiste un ambito in cui il made in USA non riesce a sfondare, è quello calcistico di alto livello. In Europa la MLS, a dispetto della recente crescita qualitativa, è ancora considerata un campionato da fine carriera. Figurarsi quindi importare da lì un allenatore e affidargli una campagna di Champions. È successo a Salisburgo, dove Jesse Marsch è diventato il primo tecnico americano a guidare una squadra nella massima competizione continentale. Il suo debutto? Un 6-2 rifilato al Genk. Paradossalmente però è stata una sconfitta a regalargli maggiore visibilità, grazie alla rimonta sfiorata ad Anfield, con il suo Red Bull capace di risalire da 0-3 a 3-3 il Liverpool prima di arrendersi a Salah. Una quasi impresa che ha fatto il giro del web anche grazie al discorso motivazionale di Marsch nell'intervallo per spronare i suoi. Del resto, in tema di allenatori, a Salisburgo la sanno lunga, basti pensare al predecessore di Marsch, Marco Rose, ieri vincitore della Youth League e semifinalista di Europa League, oggi capolista in Bundesliga con il suo Borussia Mönchengladbach.

Marsch non è sbucato dal nulla, ma lavora da anni nel network Red Bull e, come la maggior parte dei tecnici cresciuti all'ombra dell'energy drink, è cresciuto professionalmente seguendo i dettami di Ralf Rangnick. Lo scorso anno, il suo primo in Europa, lo ha trascorso proprio come suo vice con il Lipsia, assumendo il timone della squadra nel finale di stagione. Prima allenava il Red Bull New York, club nel quale era approdato tra i fischi uscendone però tre anni dopo quale miglior coach di sempre della franchigia della Grande Mela.

L'essere sottovalutato è sempre stata una costante della carriera di Marsch. Il suo primo incarico, al Montreal Impact, finì dopo una sola stagione per inconciliabili divergenze con la proprietà, ovvero con l'attuale patron del Bologna Saputo. Della fredda accoglienza a New York - no more corporate football si leggeva sui cartelloni dei tifosi - si è già detto, ma anche la scorsa estate a Salisburgo ci fu chi fece partire la campagna Nein zu Marsh (No a Marsch). Dopo una sola sconfitta in 16 gare (quella col Liverpool) e la vetta del campionato con 47 reti segnate in 11 incontri, dubbi e lamentele sono spariti. Pressing offensivo e ritmi alti in fase di possesso sono le armi principali del suo Salisburgo, uniti a una forte attenzione ai giovani.

Haland (18 gol stagionali), Szoboszlai, Koita, Daka e Hwang i nomi più caldi.

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