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"Avrei preferito morire"

"Avrei preferito morire"

Ottanta minuti, quasi il tempo di una partita, nei quali Francesco Totti non ha lesinato parole e veleni. Svelando il piano di «detottizzazione» e «deromanizzazione» del club («un pensiero fisso di molti») in atto da 8 anni e mettendo in piazza tutti i problemi della Roma attuale, uno dei quali - agli occhi di chi conta nel club - era proprio lui: «Sono stato un peso per questa società, mi hanno detto che ero troppo ingombrante, sia da calciatore che da dirigente. Avevano già voluto che smettessi di giocare. Così alle 12.41 di oggi (ieri, ndr) ho mandato una mail con frasi inimmaginabili per la Roma. Ho dato le mie dimissioni, speravo che questo giorno non arrivasse mai...».

Nel salutare la Roma dopo 30 anni di «onorato» servizio, prima in campo e poi fuori, Totti parla con lucida rabbia, da persona offesa e tradita. Quel tradimento non digerito si nota nella frase più forte di una conferenza stampa preparata nei dettagli. «Oggi avrei potuto anche morire, sarebbe stato meglio che staccarmi dalla Roma», il messaggio dell'ex capitano, visceralmente legato ai colori giallorossi. «Se lascio non è per colpa mia, sono stato tenuto fuori da tutto e pugnalato anche dentro Trigoria, ma conta solo la Roma, tornerò quando ci sarà un'altra proprietà...», la promessa che l'addio possa essere un arrivederci.

Perché il problema del suo divorzio è, segreto di Pulcinella ora confermato dal diretto interessato, il mancato feedback con James Pallotta e Franco Baldini, presidente e consulente ombra. «Non ho mai parlato con Pallotta a quattr'occhi se non una volta a Londra dopo aver smesso di giocare: eravamo io, mia moglie, lui e Baldini. Con quest'ultimo invece non c'è mai stato e mai ci sarà alcun rapporto. Uno dei due doveva uscire, mi sono fatto da parte io perché troppi galli a cantare non servono. Alla fine quando canti da Trigoria non senti mai il suono, l'ultima parola spettava sempre a Londra. Era inutile fare o dire ciò che pensavi. Ma non sarei rimasto in questa società nemmeno se fosse andato via Baldini...».

Non la tocca piano, Francesco, e affonda come quando dribblava fior di avversari. «Non ho mai chiesto di comandare, volevo solo decidere e metterci la faccia come altri - ha detto ancora Totti -. Mi hanno fatto tante promesse non mantenute. Con il passare del tempo è normale valutare, anche io ho una mia personalità. Non ho mai pensato chi me l'ha fatto fare, ho sempre messo la Roma davanti a tutto. Avevo chiesto di fare il direttore tecnico con poteri decisionali, ma se in 2 anni partecipi a 10 riunioni e quando si scelgono allenatore e ds non vieni nemmeno interpellato, come fai a continuare?».

I tempi supplementari saranno ora per Pallotta, Baldini e la società, che escono distrutti dallo scenario raccontato da Totti. «Perché io sono trasparente, ai tifosi bisogna dire la verità per essere inattaccabili, per questo non posso restare... Ora Pallotta deve cambiare registro, perché a Boston arriva solo l'1 per cento di quanto succede qua, dentro Trigoria ci sono persone che fanno il male della Roma, ci sono dirigenti che godono se la squadra perde. Lui si circonda di persone sbagliate e questo è il suo errore più grande», così il numero 10. Era stato lui, con il ceo Fienga (l'unico che ringrazia veramente «perché tre mesi fa voleva la mia promozione a dt»), a contattare Claudio Ranieri («un uomo vero, sarebbe venuto anche gratis») e a cercare di convincere Antonio Conte. «Per me era l'uomo che poteva cambiare le cose, ci aveva dato l'ok ma lui non voleva la rivoluzione bensì la conservazione. Così ha cambiato idea. Sarri era un'idea di Baldini, io non ho mai chiamato altri. Poi è spuntato Fonseca, bravo allenatore ma hanno deciso tutto a Londra. E ora il club dovrà pure vendere giocatori per fare plusvalenze».

De Rossi e Di Francesco sono altri due capitoli dolorosi. «A settembre dissi a un dirigente che se pensavano che fosse l'ultimo anno di Daniele avrebbero dovuto dirglielo, non come era successo con me. Ma il problema di Trigoria è che le cose vanno fatte subito. Con lui ho parlato da amico, gli ho detto di guardare avanti, ma era chiaro che volevano togliere i romani dalla Roma e mettere in cattiva luce il nostro bel rapporto. Se fossi il presidente della Roma, darei tutto in mano a Totti e De Rossi perché i presidenti e gli allenatori passano, ma le bandiere restano... Su Di Francesco dico che dopo la semifinale di Champions aveva chiesto 4-5 giocatori, di questi ne sono arrivati zero. L'estate scorsa, tornato dalle vacanze, mi chiesero un parere su un giocatore (Pastore, ndr). Dissi che non era adatto al 4-3-3 di Di Francesco e veniva da tanti infortuni. Certi dirigenti mi dicevano devi sempre andare contro... Io avrei preso uno dell'Ajax (Ziyech, ndr) e avrei azzeccato, ma hanno deciso altri».

Il suo futuro è ancora da scrivere: «Continuerò a tifare Roma e tornerò a vedere la squadra all'Olimpico, magari in curva Sud con Daniele se non andrà a giocare altrove. Ho offerte di squadre italiane, l'ultima è arrivata proprio stamattina (ieri mattina, probabilmente la Sampdoria del tifoso romanista Ferrero e che sta per prendere Di Francesco in panchina, o la Fiorentina degli ex romanisti Montella e Pradè, ndr). Andrò in vacanza, poi deciderò». In ballo ci sono proposte, tra gli altri, da Fifa, Figc e Uefa. Tutti fanno a gara per averlo, tranne la «sua» Roma.

Che ha commentato in maniera caustica l'addio di Totti: «Siamo amareggiati, ma la sua percezione dei fatti è fantasiosa e lontana dalla realtà».

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