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Balo tra sfida e riscatto. Nella città del talento sulle orme di Roby e Pep

Baggio e Guardiola, ma anche Pirlo e Hagi Super Mario con le Rondinelle per ritrovarsi

Balo tra sfida e riscatto. Nella città del talento sulle orme di Roby e Pep

Dice: anche Roberto Baggio accettò il Brescia. Verissimo ma c'è qualcuno così ignorante da paragonare l'arte e la carriera di Baggio con quella di Balotelli? Ridice: anche Pep Guardiola giocò nel Brescia. E c'è qualcun altro che possa sostenere il paragone di intelligenza tecnica e tattica tra il catalano e il nostro? Ancora: anche Andrea Pirlo frequentò l'asilo e le elementari nel Brescia. Dunque il genio del football è uguale all'attaccante di cui si occupa il calcio mercato? E Beccalossi? E Hagi? Tutta roba buona nata, vissuta, cresciuta in quel sito che fu di Gino Corioni, grande e astuto uomo di football che ebbe queste intuizioni.

Oggi Cellino, dopo le esperienze sulle due isole, la sarda e la britannica, ha capito che il jolly nel mazzo di carte può far vincere il banco, Balotelli Mario è l'identikit di chi provoca curiosità, interesse, sfida, riscatto. A ventinove anni sembra più vecchio di se stesso, non per l'età ma per il numero di etichette adesive incollate sulla sua valigia, ovviamente firmata: Inter, Manchester City, Milan, Liverpool, Nizza, Olympique Marsiglia, l'eroe di nessun mondo, con 146 gol in 364 partite, prova a giocarsela dalle parti originarie, Mompiano fu tra le prime culle anche se un po' agitate. Una delle parole, a lui attribuite, può spiegare la sua esistenza di calciatore. «Penso di essere più intelligente della norma ma giuro che non mi interessa dimostrarlo!». Se ci avesse provato almeno una volta, chessò in una intervista televisiva o radiofonica, in un comportamento in campo con avversari o arbitro, in un dialogo con la stampa, avrebbe fatto del bene a se stesso, al calciatore di cui nessuno, se non qualche stolto, può discutere il talento ma che è andato raramente d'accordo con il sacrificio, la rinuncia, la sofferenza, l'impegno quotidiano, continuo, doveroso per chi ha scelto di essere professionista.

E, invece, la generazione Balotelli, che ha diversi adepti, ha pensato di poter vivere di rendita con i propri numeri di tecnica, ignara o in consapevole che il football di livello abbisogna di altri dati, altra personalità, altra disponibilità, insomma di altro. Ed è maledetto constatare che questo ragazzo abbia bruciato una fetta di carriera che sarebbe stata utile e decisiva per lui, per i vari club di appartenenza e, soprattutto, per il calcio italiano che in Balotelli aveva riposto speranze e progetti, dopo quel gol ai tedeschi di Germania, quell'esplosione di forza e di stile.

Dopo il sole, la nebbia. C'è stato un momento in cui Balotelli avrebbe potuto tornare sulle spiagge brasiliane là dove non aveva lasciato memoria, se non fallimentare, fu il mondiale del Quattordici, ma quelli del Flamengo, interessati all'articolo, si sono ritirati dinanzi a dubbi e mormorii, così il popolo bresciano sta attendendo l'annuncio: habemus Mario.

E dopo verrà il bello. O no?

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