Qatar 2022

Il braccio di ferro d'oro. Le tre strisce argentine o il baffo alla francese

Adidas contro Nike si giocano il Mondiale a suon di contratti milionari: non accadeva dal 2010

Il braccio di ferro d'oro. Le tre strisce argentine o il baffo alla francese

Sotto il vestito niente? Nel calcio non è proprio così, sotto la maglia girano vagonate di dollari. Solo questo mondiale si è dotato di 337 accordi di sponsorizzazione con 300 brand e ciascuno con un minimo partecipativo di 10,5 milioni di dollari. La Fifa, solo dal marketing, ha incassato 1,35 miliardi di dollari. Negli ultimi decenni il vero braccio di ferro è stato rappresentato dagli sponsor tecnici: quelli che vestono e calzano le nazionali. Sarà fortuna o, forse, l'occulto desiderio di un potere economico che influisce in tante scelte, premi compresi, ecco che Francia e Argentina rappresenteranno domani sul campo i due colossi: da una parte l'americana Nike con la bandiera francese e dall'altra la tedesca Adidas con la bandiera argentina.

Non proprio casualmente Adidas sponsorizza pure Messi e Nike si è presa Mbappé. In questo caso vince la sfida Messi al quale Adidas paga 18 milioni di sterline all'anno contro i 14 milioni recapitati da Nike a Mbappè. Chiaro che, nel caso il francese raddoppiasse il suo titolo mondiale, andrebbe in caccia di Neymar e Messi: numero uno e due nei guadagni da sponsor tecnico. Per amor di patria va raccontato che Adidas, dopo 45 anni, tornerà a vestire l'Italia dal 2023 con un contratto di 35 milioni annui per un quadriennio. Nike, invece, spende circa 60 milioni annui per avere la Francia. Adidas ne ha sborsati meno all'Argentina, si parla di diciotto. La battaglia dei 10 si tramuta così anche nella guerra degli sponsor a modo loro numeri 9 nella volontà di fare gol. Nike e Adidas si sono giocate le quote sulle nazionali che hanno messo sotto contratto: 13 le affiliate Nike (fra le quali Croazia, Inghilterra, Brasile, Portogallo), 7 quelle Adidas (fra cui Germania, Belgio, Spagna), Puma ne conta 6 (compreso il Marocco finalista per il 3° posto), altri 6 brand ne controllano una a testa.

Ora non si dica vinca il più forte, perché non è detto che lo sport segua le leggi degli sponsor. Sebben sia vero che i marchi spendono miliardate per pubblicizzare una scarpa, sia la porti Messi o la calzi un terzino appartenente a club di rango, magari nemmeno titolare in nazionale, dotato di 400mila euro annui per indossare una scarpa che non farà effetto su alcun tifoso, soprattutto se il terzino ha il piede un po' sbilenco. Però la sfida Adidas-Nike fa parte del bello del gioco ad incastri nel loro campionato del mondo: aree geografiche dove si disputano il potere di influenza. Parliamo di Oriente, Usa, Europa e si possono intuire quale sia l'influenza dell'una o dell'altra. Nel 2006 Puma, sponsor tecnico dell'Italia, fu l'unico ad intromettersi nel lungo braccio di ferro. Nel 2010 (Spagna) e nel 2014 (Germania) Adidas si prese il titolo. Anzi nel 2014 entrambe le finaliste (l'altra era l'Argentina) vestivano il suo marchio. Nel 2018 toccò a Nike che, incurante della scaramanzia, produsse le magliette dei campioni ancor prima della finale tra Francia e Croazia che pur era sua. E fu un trionfo visto che, negli ottavi, la Francia sconfisse l'Argentina. Che poi, dal 1970, il pallone sia sponsorizzato Adidas si presume non sia fattore che avvantaggia. Anzi, dai quarti in poi il marchio tedesco lo ha cambiato: da il viaggio pallone della prima parte, siamo passati a il sogno.

L'importante è che lasci il segno.

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