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Bryant, si ritira il mamba allevato in Italia

di Oscar EleniBello, bravissimo, spesso impossibile. Kobe Bryant ci conquista proprio alla fine, lui che ha vinto tutto, perché la sua lettera d'addio al basket è davvero speciale da uomo maturo, campione mai appagato, solista che al suo sport ha dato davvero tutto e il 13 aprile, il giorno in cui dovrebbe lasciare il campo sfidando per l'ultima volta gli Utah Jazz, sarà il mondo dello sport, non soltanto quello della pallacanestro, ad alzarsi in piedi.Quando un grande lascia l'arena e benedice tutti i tori che ha abbattuto chiedono sempre se è stato fra i dieci più grandi espada nella storia. Non ci siamo rifugiati nell'ovvio risentimento come il supremo Michael Jordan («dove lo metterei fra i più grandi sempre? Sicuramente tra i primi 10 nel ruolo di guardia») che Kobe ha inseguito vivendo la stessa esperienza nel castello dell'allenatore zen Phil Jackson, l'uomo degli undici anelli Nba. Gli abbiamo preferito la genialità al servizio degli altri di Magic Johnson, la grandezza totale del Jordan acidulo, l'immensità del Larry Bird ultima icona al servizio della squadra come vera comunità, facendolo scivolare anche dietro Lebron James che da prescelto sta diventando pure uomo squadra.Certo questo mamba che ha illuminato la storia dei Lakers è un gigante, felici di sapere come ha detto spesso suo padre, il grande Joe visto sui nostri campi, che in Italia, dai 6 ai 13 anni, ha imparato a palleggiare, tirare con la sinistra ed ad usare bene i suoi piedi magici, mentre in America gli allenatori dovrebbero insegnare i fondamentali e non trattare i giocatori come vacche da soldi.Cinque titoli Nba con i Lakers, dei 2 ori olimpici, del mondiale 2007, l'uomo dei record anche impossibili, punti, schiacciate, palle rubate, tiri da 3, presenze nelle partite delle stelle, più partite consecutive segnando oltre 50 punti. Era un adolescente ribelle, non veniva dai college, è diventato l'uomo a cui dare la palla nei momenti decisivi anche se non si è sempre lasciato bene con i compagni come Shaquille O'Neal che ai Lakers con lui fece meraviglie fino a quando lo considerava il fratellino da aiutare, salvo poi detestarlo. Addirittura anche una accusa di stupro anche se poi ne è uscito bene come aveva promesso ai tifosi, tra cui l'attore da Oscar Jack Nicholson che per lui invadeva il campo.Ha iniziato questa stagione sapendo che avrebbe portato al capolinea, certo non pensava che i suoi Lakers fino ad oggi vincessero soltanto 2 partite, forse il segnale che il suo tempo è finito come ci dice nella lettera. «Caro basket ti amerò per sempre ma se il mio cuore può reggere il colpo, se la mia mente può gestire lo sforzo, il mio corpo sa che è tempo di dire addio. E questo è OK. Sono pronto per lasciarti andare, ma voglio che tu sappia che assaporeremo insieme ogni momento che ci resta. Nel bene e nel male. Non importa cosa farò dopo, sarò sempre il bambino con i calzettoni alzati, il cestino nell'angolo, 5 secondi sul cronometro, palla in mano 5...4..3..2.1. Ti amerò sempre. Kobe».

Lo faremo anche noi che non siamo mai stati suoi veri tifosi, ma lo abbiamo ammirato perché spesso sapeva stregarci.

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