Calcio

"Buffon da giovane era più bravo di me. Da vecchio meglio io"

Intervista a Dino Zoff, campione del mondo nel 1982. Dino e Gigi, i più grandi portieri italiani sono nella storia: "Tra noi è finita in parità"

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Allora Dino, più forte Zoff o Buffon?

«Da giovane più forte lui, da vecchio più forte io. Un giusto pareggio...».

Ore 21.30 di lunedì sera. È appena giunta la notizia del «ritiro di Buffon». Inevitabile sentire il parere dell'icona che Gigi ha sempre indicato come «suo mito sportivo e riferimento etico»: Dino Zoff, appunto. Il campione che il mondo ci invidia; prototipo «virtuale» dell'italiano così come vorremmo che fosse percepito all'estero: serio, leale, onesto; l'opposto dell'immagine inaffidabile che spesso (e ingiustamente) ci accompagna fuori dal nostro Paese.

Possiamo dire che - dopo Zoff - ora si è ritirato il più grande portiere italiano?

«Entrambi abbiamo vinto tanto. Siamo però di due generazioni diverse. Ognuno con stile e caratteri propri».

Gigi da bambino si allenava alla scuola-calcio, mentre il piccolo Dino sviluppava presa e riflessi parando le prugne che gli lanciava nonna Adelaide.

«Sono cresciuto bene anche con le prugne di nonna Adelaide...».

Ora Buffon avrà più tempo per godersi la famiglia.

«Una scelta giusta. Come ho raccontato in un libro fatto di ricordi più umani che agonistici, la mia colpa più grande è stata di non aver fatto altrettanto con la mia. Soprattutto con i miei genitori. Avrei dovuto essere più presente. Loro con me c'erano sempre. Io no. Neppure quando sono morti. Ed è una responsabilità che ancora oggi mi fa star male».

Zoff si è tolto i guanti a 41 anni, Buffon addirittura a 45. Cos'è, la sindrome del «non mollare mai»?

«Dire addio è sempre difficile. Bisogna centrare il momento giusto: né troppo presto, né troppo tardi. Altrimenti...».

Altrimenti?

«Ti assalgono i rimpianti».

Lei ne ha avuti?

«No. E non ne avrà neppure Gigi. Eccetto uno».

Quale?

«Gli mancherà il profumo dell'erba. Sì, l'odore verde del prato. Il portiere lo respira a ogni tuffo. Inebriante. Prima voli, poi atterri lì. E ti resta il sapore della libertà».

La sua autobiografia si intitola «Dura solo un attimo, la gloria». Ma la gloria di Zoff e Buffon durerà per sempre.«

«Merito nostro, ma anche di Juventus e Nazionale».

Lei però ha riscosso successo pure come allenatore, arrivando fino alla panchina azzurra.

«Le emozioni che si vivono da calciatore e da mister non sono paragonabili: le prime sono più intense e gratificanti».

Si parla di Buffon come nuovo team manager della nazionale, lo stesso ruolo che fu di Riva e Vialli.

«Gigi potrebbe fare questo ed altro».

In una lettera aperta su «France Football» nell'anno in cui Buffon andò al PSG, scrisse: «Caro Gigi, sei considerato ancora tra i portieri più forti al mondo. Ora devi decidere cosa fare domani: continuare o interrompere». Era il 2018. Da allora, fra alti e bassi, quella «decisione» è stata rimandata per altri 5 anni. Troppi?

«Chissà. Anche a me consigliarono di ritirami dopo Argentina '78. Poi, 5 anni dopo, vinsi la coppa del mondo».

E baciò Bearzot...

«Avevamo appena battuto il Brasile. Lui stava rispondendo ai giornalisti. Io gli passai dietro e gli schioccai un bacio sulla guancia. Scena rara tra due friulani...».

Ai vostri tempi non si diceva: «Quel portiere è bravo perché sa giocare coi piedi»...

«No. Io ancora oggi dico: Quel portiere è bravo perché esce con coraggio, blocca la palla, ha un buon piazzamento, sa dirigere la difesa...».

Il ruolo è stato «snaturato» dalle nuove norme?

«Si è modificato. Ma la realtà rimane la stessa: se un portiere sbaglia, il pallone finisce in gol. La sua resta quindi la figura più determinante di una squadra».

Zoff l'introverso, Buffon l'estroverso (a volte pure troppo, tracimando nella gaffe).

«Belli i sorrisi di Gigi. Ma anche io sono un tipo allegro. Dentro».

Quando giocava è mai stato tentato di fare un'esperienza all'estero?

«Mi sarebbe piaciuto andare in Premier League. Ma è rimasto solo un pensiero».

Chiudiamo con la Juve. Sarà un anno senza coppe. E con tanta voglia di rivincita. Anche da parte di Allegri che vuole Lukaku a tutti i costi, nonostante Big Rom non sia amato dai tifosi. Nessun dubbio invece tra i pali, si ricomincia da Szczesny.

«La Juve ha tanti problemi, ma non quello del portiere.

Szczesny è ancora tra i migliori».

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