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«Buffon si ritiri al top, Gigio segua il suo cuore e l'Inter si ricordi di me»

Il tecnico del Crotone lancia la sfida al Milan «San Siro è casa mia, tornare è sempre bello»

Franco Ordine

Caro Walter Zenga, dopo oltre un anno è tornato nel calcio italiano. Ha trovato qualcosa di nuovo sotto il cielo?

«Risposta scontata: il o la var, decidete in fretta il genere per favore così evitiamo equivoci. Come tutti gli esperimenti devono essere valutati con attenzione e hanno bisogno, specie durante il primo anno di applicazione, di modifiche in corsa e piccoli aggiustamenti. Se fossi nei responsabili degli arbitri dedicherei attenzione anche alla particolare condizione degli allenatori. Durante quei pochi secondi o qualche minuto durante i quali l'arbitro consulta il collega davanti al monitor, noi allenatori siamo al buio più totale, dovremmo invece essere coinvolti e ricevere spiegazioni».

E nel campionato invece cosa c'è di nuovo?

«La Juve è la più attrezzata, il Napoli gioca il calcio più geometrico e coraggioso. Ho fatto una battuta la settimana scorsa, ho detto ai miei prima d'affrontare la squadra di Sarri: attenti perché vengono a farci pressing appena scendiamo dal pullman. La risposta dunque è la seguente: niente di nuovo, dunque. Quello italiano è sicuramente un campionato molto equilibrato nel quale anche le altre squadre cosiddette provinciali sono molto organizzate e questa realtà ti costringe a stare sempre sul pezzo».

Questa di Crotone non è la sua prima esperienza al Sud: ci racconti le prime sensazioni...

«Mi ricorda molto la felice esperienza vissuta già a Catania. Crotone è una città che vive di calcio e per il calcio e dove il club ha pochi ma stabili e solidi punti di riferimento che mi consentono di lavorare con serenità, orgoglio e passione».

Lo sa bene che non è facile ripetere l'impresa realizzata da Nicola l'anno prima...

«E infatti mi piacerebbe molto replicare quel risultato. Perché nel campionato passato è stato realizzato un miracolo sportivo. Ripetersi significherebbe raggiungere un successo ancora più esaltante. Perché nel calcio, come nello sport, la regola principale è la seguente: molti possono vincere qualche volta, pochi sono capaci di ripetersi».

Sabato, caro Zenga, lei torna a San Siro contro il Milan dove peraltro non è mai stato considerato un nemico, semmai un rivale da rispettare. Ha una spiegazione?

«Tornare a Milano e a San Siro in particolare mi fa sempre un certo effetto: è la mia città, ci sono le mie radici, i miei amici di una vita. Ho vissuto 22 anni nell'Inter fin da quando ero bambino e credo che il pubblico di fede milanista riconosca e rispetti il nostro senso di appartenenza. Che non è stato solo un patrimonio mio. Perché in occasione dei derby di Milano da una parte c'erano i Maldini, i Baresi, i Costacurta, i Donadoni e dall'altra c'eravamo io, Ferri, Bergomi, Beppe Baresi, Berti. Avevamo tutti la rispettiva maglia tatuata sulla pelle. Non so se mi considerano nemico o rivale, di sicuro ho sempre colto molto rispetto. E spero che questo magnifico spirito resti intatto».

Se potesse dare un consiglio a Donnarumma, cosa gli soffierebbe in un orecchio?

«Di essere semplicemente se stesso. Il calcio è cambiato tanto negli anni, la gestione dei social è diventata un elemento decisivo ma nessuno deve dimenticare che stiamo parlando di un ragazzo di 18 anni da considerare, calcisticamente, un fenomeno. Io gli direi: Gigio ascolta ciò che ti dice il cuore».

E a Buffon che vuole sfondare il muro dei 40 anni cosa direbbe invece?

«Io ho smesso presto. Avevo avuto problemi a un ginocchio, non potevo più resistere a certi livelli e sono partito per gli Usa. Sull'argomento però resto sempre dell'avviso che dev'essere l'interessato a decidere quando è l'ora di smettere. Sostengo inoltre che è meglio sentirsi dire a un certo punto della carriera ma perché hai smesso invece che sentirsi dire hai smesso? bravo...».

C'è la panchina della Nazionale vacante: chi nominerebbe Ct Walter Zenga?

«Ho due candidati di grande prestigio. Uno è Mancini, mio amico e l'altro è Allegri col quale ho giocato a Padova. Mancio ha il fisico del ruolo per fare il ct della Nazionale italiana, Max ha dalla sua l'esperienza di una gestione splendida di grandi campioni e di traguardi impegnativi».

Da Seedorf a Inzaghi e adesso a Gattuso, il Milan ha chiamato di recente i suoi campioni sulla panchina, l'Inter mai: ha una spiegazione per questo fenomeno?

«Premessa essenziale: mi farà un gran piacere ritrovare Rino Gattuso. Non posso dire che siamo amici ma ho nei suoi confronti una sincera ammirazione perché si è fatto da solo da calciatore e da allenatore ha scelto di partire dal basso prima di salire la scala. Nessuno gli ha regalato qualcosa. È vero: il Milan ha sempre esaltato il senso di appartenenza che pure è un valore con scelti di quel tipo. L'Inter invece non l'ha mai fatto. Spero cambi idea in fretta perché non vorrei diventare troppo vecchio...

».

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