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C’era uno squalo a Baltimora: Phelps, una pinna lungo il dorso

Dal disturbo dell’iperattività all’incetta del medagliere. Lo statunitense Michael Phelps, detto "il proiettile di Baltimora", è stato probabilmente il più grande nuotatore di sempre

Phelps in vasca
Phelps in vasca

La clinica dista una manciata di minuti da casa, una villetta senza pretese che lambisce un quartiere residenziale di Baltimora. Più le lancette scorrono, più il dottore assume un’aria compassata. La preoccupazione di Debbie si arrampica insopprimibile dalle pareti dello stomaco, mentre Michael dondola sulla sedia, incapace di trovare poso. Poi il medico dischiude quelle labbra sottili ed emette il funereo verdetto. “Senta, signora. Suo figlio ha un deficit dell’attenzione e un disturbo da iperattività”. Debbie sente che le stanno grattando via la vita. Però poi il dottore fa anche un’altra cosa. Le allunga un flaconcino di pillole, rassicurandola: “Gliene dia una al giorno dopo i pasti, dovrebbe migliorare”.

La famiglia Phelps resta a galla senza un padre. Ci sono le sorelle Whitney e Hilary, c’è una madre apprensiva e c’è un terremoto di bambino. Ha leve lunghe, spalle ampie e orecchie prominenti. Sfreccia da una parte all’altra della casa, strilla, riga ogni momento di conquistata quiete. E non riesce mai a concentrarsi su più di una cosa. Le sue consanguinee, di cinque anni più grandi, provano a svignarsela appena possono. Quando però la misura è colma, implorano la mamma: “Senti, perché non lo mandi a nuoto? Il Maryland è pieno di piscine. Fallo sfogare in una vasca”.

Debbie non se lo lascia ripetere due volte e lo iscrive al primo corso utile. Prima di farlo immergere, premurosa, avverte il suo allenatore circa i problemi del figlio. Ad un certo punto, lungo quel bordo piscina, estrae anche il flaconcino con le pillole colorate dalla borsa. L’uomo lo osserva, poi scruta il ragazzo. Quindi afferra il flaconcino e lo getta via. Debbie adesso è confusa. Il tizio invece fruga sicuro nel suo borsone, poi torna indietro con un lettore cd. Infila le cuffie a Michael e mette su un po’ di musica. Eminem, per la precisione. Poi rivolge uno sguardo benevolo alla mamma: “A suo figlio non servono medicine. Gli serve solo un po’ di ritmo”.

Quel passaggio immette Phelps nella corsia della vita. Bob Bowman, che resterà al suo fianco per tutta la carriera, è l’uomo che accende l’interruttore nella trama. “Lascia perdere tutto il resto. Fai una cosa sola: nuota”. E Michael, che certo non difetta di energie, inizia a sbracciare. Tra le sue indecifrabili increspature, l’acqua racchiude un destino radioso. A quindici anni è già il più giovane atleta a prendere parte alle Olimpiadi (a Sidney) dal 1932: arriva quinto, ma il mondo inizia a voltarsi di scatto quando passa.

Intanto la sua cassa toracica si espande. Le spalle erompono verso l’esterno. I muscoli guizzano. Tra le scapole, giurerebbero gli addetti ai lavori, sta spuntando una pinna. Nel marzo del 2001 confeziona un altro primato: diventa il più precoce nuotatore al mondo ad infrangere il record dei 200 farfalla, il suo cortile di casa. Michael si è staccato dal bordo, per non fermarsi più. Yokohama, Barcellona, Atene: ovunque si tuffa, fa incetta di medaglie. Per tutti diventa in fretta “lo squalo di Baltimora”, o “il cannibale”, o ancora “Kid”. Raffigurazioni icastiche del medesimo dominio, una ricetta che mixa limpida tecnica a impulsi tribali.

Arriverà a piegare il collo una quantità infinita di volte: ventitré medaglie d’oro olimpiche e ventisei mondiali. In totale saranno ottantatré. Un impero acquatico alimentato da una dedizione solenne. La sua dieta prevede l’assunzione di 8mila kilocalorie al giorno. Gli sgarri non sono contemplati. Al mattino se ne resta a mollo per due ore. Pausa. Poi altre tre ore in piscina. In totale fanno 16 km al giorno, a nuoto.

I momenti di apnea – come quando lo beccano alla guida in stato di ebrezza o quando lo pizzicano mentre inala i fumi conturbanti di un bong – sono in fondo gli istanti di umano cedimento di una macchina nata per solcare il dorso dell’acqua due nodi più veloce di tutti. Sempre con la musica ad intasargli i sentimenti prima di ogni gara.

Sempre consapevole che il nuoto è stata una pomata salvifica sulle sbucciature della vita.

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