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Il calcio si fermi anche per gli arbitri picchiati

Il calcio si fermi anche per gli arbitri picchiati

Cornuti, venduti e anche picchiati. La vita dell'arbitro non ha pace. E non ha senso. Dovunque nel mondo. Ennio Flaiano sosteneva che il più grande e unico nemico degli italiani è l'arbitro, perché emette un giudizio. Un giudizio scomodo, che non può e non deve essere accettato. Perché l'autorità non è riconosciuta, anzi deve essere abbattuta. Riccardo Bernardini è l'arbitro picchiato domenica scorsa, nella partita del campionato Promozione nel Lazio. Il suo è l'ottavo caso nella regione, si aggiunge ad altri cento e più di cento, annuali, in tutta Italia. Il fenomeno è mondiale. In Irlanda, un collega di Bernardini, Daniel Sweeeny è stato aggredito, domenica, da tre calciatori dell'Horseleap che gli hanno spaccato il naso.

L'arbitro è protagonista di un evento che lo vede spettatore, al massimo notaio. Guadagna, oggi, cifre importanti, è un professionista, fa carriera, aspira a cariche dirigenziali. Ma il resto della popolazione arbitrale, quella più viva, appassionata, volontaria quasi, vive una esistenza diversa se non opposta: riceve rimborsi parrocchiali, cinquanta euro a partita con il rischio fisico di non tornare a casa. La violenza è latente dal momento della designazione, la cosiddetta cultura(!?) del sospetto avvelena la vigilia e poi la partita. Ogni partita prevede la sceneggiata contro l'arbitro, l'insulto, l'aggressione.

Molto è perdonato al calciatore, al campione poi, tutto. All'arbitro no, mai. E' un bersaglio facile. Il mondo del football reagisce agli strilli razzisti e alle volgarità contro calciatori e allenatori, Ancelotti, dopo il caso Mourinho a Torino, propone di sospendere gli incontri nel caso di cori incivili. Ma se riguardano l'arbitro e la sua famiglia che si fa? Si prova la stessa vergogna, lo stesso imbarazzo? Si ha la stessa sensibilità a reagire e a fermarsi? Dubito, anzi lo escludo. Sarebbe curioso verificare se, in presenza di un arbitro di colore, il comportamento del pubblico, dei calciatori e dei dirigenti, possa essere analogo o se, piuttosto, l'attenzione e la coscienza di tutti, possano modificare l'aggressività. Sarebbe una forma di razzismo contro il razzismo. Le sanzioni non possono limitarsi allo sciopero o alla chiusura delle curve. La radiazione è l'unico passo logico. C'è una giustizia ordinaria che dovrebbe occuparsi di qualunque atto violento, anche se arbitro all'interno di uno stadio. Il football non può essere zona franca della legalità. Una cosa sola è certa: Riccardo Bernardini, come i suoi colleghi vittime di aggressione, potrebbe scegliere di non arbitrare più ma i suoi aggressori torneranno a lerciare i campi di football.

Una partita persa e nemmeno giocata.

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