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Il calcio in Svezia, dove il pallone è roba per bimbi, famiglie... e ultras

Mentre il calcio italiano annaspa tra cori razzisti e stadi scomodi (e pericolosi), in Svezia il pallone viene modellato sulla base delle esigenze di bambini, genitori... e ultras. Un reportage di come si vive la partita - prima e durante - a Göteborg

Il calcio in Svezia, dove il pallone è roba per bimbi, famiglie... e ultras

Ferragosto 2019. Squilla il telefono, è il mio amico Fabio. "Se andassimo tutti a Göteborg nel ponte di Ognissanti?". "Ok, ma mi fate andare allo stadio". "Calcio? In Svezia? Ma inseguire le ragazze come le persone normali no, eh?". Manco a parlarne. Non che mi dispiacciano le donne alla Janet Agren. Anzi. Ma tutte le volte che io e i miei amici (Marco, Christian, Fabio C. e Fabio M.) progettiamo una zingarata, il mio pensiero corre al pallone. E, per osmosi, alla squadra della città che andremo a visitare, manco fossi Carlo Verdone in "Viaggi di Nozze", intento com'era a "individua' o' stadio"'. Che, a Göteborg, è il mitico Ullevi. Mitico e gamla, cioè vecchio, nonostante sia il nuovo impianto sportivo del secondo centro più importante della Svezia dopo Stoccolma. Al suo fianco - scopro nella mia ricognizione pre-partenza su Google Maps - c'è il nya (nuovo) Ullevi, così chiamato malgrado sia il più vetusto. Un controsenso, una stranezza che mi convince che sì, si può fare. "Ragazzi, tutti a Göteborg". Per scoprirne tutte le bellezze, artistiche e calcistiche.

Italia e Svezia, gemellaggio all'insegna del Gre-No-Li

Tutto è organizzato fantozzianamente sul filo dei secondi. Partenza all'alba dall'aeroporto di Pisa all'alba di venerdì 1 novembre, ritorno domenica 3 novembre nel primo pomeriggio. Nel mezzo, sabato alle 13, il piatto forte - almeno per chi scrive - della tre giorni scandinava: IFK Göteborg-Östersunds, ultima giornata della Allsvenskan, la Serie A svedese. Si gioca al gamla Ullevi. Salito sull'aereo, tiro fuori il cellulare e mi preparo alla battaglia studiando tutto lo studiabile sulla storia della Svezia, di Göteborg e del calcio svedese. I punti di contatto con l'Italia sono parecchi. Il più importante è racchiuso in una sigla dal significato enigmatico, almeno per chi ha meno di 70 anni: Gre-No-Li. Gren-Nordahl-Liedholm, il tridente delle meraviglie del Milan dei primi anni '50. E non solo. Sven-Goran Eriksson. Henrik Larsson. E Zlatan Ibrahimovic. Storia recente del calcio, svedese e italiano.

"Devo atterrare già preparato", mi ripeto sull'aereo. Leggo, spulcio e approfondisco. Calcio, storia, musica e cinema. Le due Coppe Uefa dell'IFK negli anni '80. Göteborg fondata nel 1621 da re Gustavo II Adolfo, attraversata dal fiume Göta e principale porto commerciale svedese. "Mamma mia", gli Abba. Greta Garbo e Anita Ekberg. "Marcello come here", la dolce vita. Mi addormento. L'apertura dei portelloni è un bagno di realtà. Che freddo! 10 gradi di escursione termica rispetto all'Italia. Il tepore dell'autobus che ci porta in centro città per la modica - si fa per dire - cifra di 110 corone svedesi, al cambio più di 10 euro, dura una mezz'oretta scarsa. Al capolinea l'autista, dai modi gentili ma spicci, ci invita a scendere. "Ragazzi, comincia la nostra avventura!".

Arte, storia e gastronomia a Göteborg

Deliziosa, Göteborg. Metropoli di circa mezzo milione di abitanti (che diventano un milione considerando l'area metropolitana), è attraversata per buona parte della sua superficie dal canale dove scorre il fiume Göta, che sfocia nelle acque gelate del Mare del Nord. Sul quale si affaccia il porto, brulicante di cantieri e abbellito da un waterfront che offre un incantevole panorama con vista sull'Älvsborg, il ponte sospeso lungo quasi 1 km che collega il nord al sud di Göteborg. È proprio qui, nella parte meridionale della città, che si ammirano le cose più belle. Come il quartiere Haga (con le sue tipiche stradine acciottolate e intrecciate, e la chiesa neo-gotica Hagakyrkan risalente al 1859) su cui svetta l'imponente Skansen Kronan, meravigliosa fortificazione seicentesca che si raggiunge salendo una scalinata ripida e all'apparenza infinita. Oppure la centralissima Avenyn, un viale alberato che taglia in due il centro di Göteborg arrivando fino a Gustav Adolfs Torg, la piazza dove si trova la statua del sovrano-fondatore Gustavo II Adolfo. E poi ancora la Feskekörka, il mercato del pesce al coperto dove si possono acquistare e/o gustare salmoni, baccalà e i tipici gamberetti.

IFK Göteborg, il calcio come aggregazione

Io, però, ho in testa solo la partita. Che, finalmente, arriva. Abbandonato dai miei amici, volati al museo della Volvo, m'incammino verso lo stadio. So già che sarà una grande festa. È proprio questo il piccolo-grande dettaglio che distingue il calcio italiano da quello dei Paesi del nord Europa. Le rivalità esistono, ma non sono così aspre. E a pallone si gioca all'insegna della sportività, dentro e fuori dal campo: con un coinvolgimento di bambini e famiglie che comincia quando i calciatori sono ancora sul pullman. Un altro mondo.

A vederlo da lontano, il gamla Ullevi sembra un edificio come un altro. Normale, quasi anonimo. Stavolta, però, la prima impressione non è quella che conta. Mano a mano che mi avvicino, lo stadio si trasforma in un caleidoscopio di colori, rumori e passione. Superati i cancelli, mi si para davanti un muro di persone. Uomini e donne, nonni e bambini, tanti bambini, Tutti bardati dei colori della loro squadra del cuore. Dominano il bianco e il blu dei padroni di casa dell'IFK Göteborg, ma si scorgono anche il rosso e il nero degli ospiti dell'Östersunds senza lo straccio di un poliziotto nei paraggi. In realtà, qualche minuto dopo, spunta un gruppo di agenti. "Starà succedendo qualcosa", penso. Macché. Scherzano con un papà e il suo piccolo, facendosi perdonare l'aspetto truce con una carezza sui capelli, biondi come quelli di tutti i bimbi svedesi. Che sono i veri protagonisti della giornata.

Servizi per bimbi...

Lo si capisce subito dai numerosi giochi gonfiabili attorno allo stadio. Bianchi e blu, griffati con lo stemma della squadra locale dove campeggia un leone in piedi su due zampe, con tanto di corona e scudo sul quale sono riportate altre tre corone. Un crest - come si chiamano in gergo gli stemmi delle squadre di calcio - tra i più affascinanti del calcio europeo. Un altro momento di aggregazione per i più piccoli avviene nel "Popup store" dell'IFK, un negozio "a tempo" dove i bimbi, accompagnati dai genitori, possono svagarsi rincorrendo palloncini, gustando un gelato offerto dal club o facendosi comprare da mamma e papà un indumento ufficiale del Göteborg. Molto carina anche l'idea di un fumetto che racconta la vita di un bimbo tra scuola, sport e amore per la propria squadra del cuore. Quale? Ma che domande, l'IFK, il secondo club più vincente della Svezia dopo il Malmö.

... E ultras

Come tutti gli stadi moderni, anche l'Ullevi è dotato di ristoranti e locali dove gustare hamburger e snack, oltre alle immancabili köttbullar, le squisite polpette a base di manzo, vitello e maiale che non hanno nulla a che vedere - in meglio, ovviamente - con le polpette dell'Ikea. E, sempre a ridosso dello stadio, i tifosi più accesi possono fare rifornimento presso il Blåvittshopen, lo store ufficiale dell'IFK, di sciarpe, magliette, felpe, pantaloni e tutti i prodotti ufficiali del principale club di Göteborg, il cui orgoglio di essere la società con il maggior numero di supporter nel Paese non può essere neppure scalfito dai sogni di gloria delle altre squadre cittadine, tutte confinate nella Superettan (Serie B svedese), IS Örgryte e Gais, fatta eccezione per il BK Häcken, vincitore quest'anno della Svenska Cupen (Coppa di Svezia) e giunto 6° in Allsvenskan. Gli ultras dell'IFK tendono a snobbarle.

Alla mia domanda se sentano qualche rivalità con gli altri club di Göteborg, mi rispondono ridendo. Mentre il discorso si fa più serio quando chiedo dei rapporti con le tifoserie di Malmö e AIK Stoccolma: ma i toni restano pacati.

La statua di Gren, un mito per i tifosi dell'IFK

Il tifoso più amichevole si chiama Olaf, ha 35 anni e parla italiano (!). Lo incontro dall'altra parte dello stadio, non lontano dal gate da dove entrano i giornalisti. Gli chiedo di scattarmi una foto vicino alla statua di Gunnar Gren, stella del Göteborg negli anni '40 prima di trasferirsi in Italia per indossare le maglie di Milan, Fiorentina e Genoa. Gli chiedo di tradurmi cosa c'è scritto sulla targhetta in basso, ma è imbarazzato: quasi si scusa nello spiegarmi che la targa riporta una banalissima descrizione del monumento. È circondato da un gruppo di bambini di 6-7 anni. "Li alleno io, sono i pulcini di una squadretta qui vicino". Abbracciano le gambe di Gren, ma i loro occhi sono solo per la palla "fissata" sul tacco del piede del vecchio campione Blåvitt (blu-bianchi, il soprannome del club göteborghese).

Uno stadio per famiglie e tifo organizzato

Ma il tempo scorre e la partita sta per iniziare. Salutato Olaf, entrando allo stadio mi si apre la visuale di un impianto compatto, all'inglese. Capienza 15mila posti, tutti a sedere. La partita è inutile, entrambe le squadre sono salve. Non c'è ansia di risultato. Anche se il pubblico di casa, deluso per una stagione al di sotto delle aspettative, conclusa dall'IFK al 7° posto, vuole chiudere in bellezza. I tifosi più caldi sono sistemati nel secondo anello di una delle due curve. Gli ultras di casa cantano a squarciagola fin dai primi minuti, aiutandosi con un tamburo il cui suono rimbomba in tutti i settori grazie alla forma "schiacciata" dell'impianto. Colpiscono, dal punto di vista di un tifoso italiano, i tanti cori personalizzati nei confronti dei giocatori più rappresentativi, in particolare gli attaccanti Robin Söder e Lasse Vibe. Quest'ultimo, di nazionalità danese, è all'ultima uscita con la casacca biancoblu.

L'ultimo saluto al bomber (anche dai tifosi avversari)

Prima della festa che i tifosi di casa gli stanno preparando sugli spalti, c'è quella in campo. Il primo tempo termina sul 2-1 per il Göteborg che, nella ripresa, si scatena arrotondando il punteggio fino a un roboante 7-1. A metà della seconda frazione, dopo avere firmato il gol del 3-1, arriva per Vibe il momento più commovente; l'allenatore lo sostituisce. Dopo avere salutato una prima volta i tifosi prima del calcio d'inizio, l'attaccante danese esce tra gli applausi e i cori della sua gente prendendosela molto comoda, come a voler assaporare ogni singolo momento del suo distacco da quel pubblico che tanto lo ha sostenuto nelle sue esperienze all'IFK. Poi, a fine gara, il saluto più bello: Vibe, con tutta la squadra, comprese le riserve, corre sotto la curva che ha tirato fuori lo striscione "Tack (grazie) Lasse Vibe". Parla di nuovo al microfono, quindi alza le braccia a tempo con il ritmo dato dal pubblico. Anche i 100 tifosi dell'Östersunds lo omaggiano con un applauso che esce dal cuore.

Il calcio italiano prenda esempio

Una dimostrazione di sportività da cui il calcio italiano, stretto tra cori più o meno razzisti e stadi sempre più vuoti e sempre meno accoglienti, specie nei confronti di bimbi e famiglie, dovrebbe prendere esempio.

Perché per ora, salvo qualche rarissima eccezione, la Svezia ci è avanti anni luce.

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