Sport

Calcioscommesse, i verbali: spuntano anche Inter-Lecce e... l'ex bomber Bobo Vieri

Caosa nel calcio italiano: blitz a Coverciano. Vieri nei guai. Mezzaroma indagato: il Siena rischia la B. Genova e Verona al setaccio

Calcioscommesse, i verbali: spuntano anche Inter-Lecce e... l'ex bomber Bobo Vieri
La bomba sul calcio sporco arriva dall’Ungheria, vera e propria centrale di smistamento delle puntate illecite. L’indagine delle autorità magiare, perfettamente sovrapponibili a quella di Cremona (molte partite e giocatori in comune, identici scommettitori internazionali) sale di livello e tira in ballo direttamente i vertici di due società di serie A, come Lecce e Lazio, che avrebbero contribuito ad «acchittare» il risultato del match del 22 maggio 2011.

I 600MILA E I «CAPI» DELLE SOCIETA'


Al match della presunta combine allo stadio Via del mare finito 2-4, ci si arriva partendo dalle dichiarazioni del pentito Gabor Horvath e dal ruolo ricoperto dal gruppo degli «ungheresi», subentrato a quello non più egemone dei «croati» (disarticolato dalle inchieste italiane) guidato dal padrino Zoltan Kenesei, arrestato nel 2001, impegnato ad alterare partite e corrompere i protagonisti dei campionati italiani. «A casa mia Kenesei disse che era arrivato in cima - racconta a verbale - avevano manipolato una partita di serie A italiana». Scrive a seguire lo Sco della polizia: «Emerge il collegamento di Kenesei con Tan Seet Eng, detto il “boss" in quanto referente mondiale dell’organizzazione (il suo braccio destro Choo Bet Huat fa ben 16 viaggi in Italia). Fu Kenesei a spiegare ad Horvath che Borgulya e Schultz (collaboratori del boss, ndr) si erano recati in Italia a portare in auto 600.000 euro destinati alla corruzione. In un primo tempo si parla di corruzione dei giocatori del Lecce, ma poi si comprende chiaramente che entrambe le squadre erano coinvolte, e presumibilmente anche i capi dei club, e cioè i dirigenti».

GENOA E «ALTRI DELLA LAZIO»


Da approfondire il filone nato dal riferimento agli «altri» giocatori della Lazio che avrebbero «autonomamente intrapreso scommesse sull’evento» (Lazio-Genoa) cui fa riferimento il pentito Gervasoni a verbale. «Avevano scommesso su un risultato diverso da quello indicato (...). È accaduto che dopo aver parlato con Ilievski (regista dell’operazione) e Zamperini coi propri referenti Mauri (Lazio) e Milanetto (Genoa) erano giunti alla conclusione che l’accordo doveva limitarsi a un over nel primo tempo con libertà per le squadre di concludere liberamente il risultato del secondo tempo».

L’AUTOGOL «UNGHERESE» DI VIVES


«La scommessa su Lecce-Lazio - si legge ancora - comportava la messa a segno di più di 4 goal. Il boss aveva scommesso 2 milioni di euro su quella partita in agenzie asiatiche, Sbobet e Corownet. Durante la partita Kenesei era rimasto in collegamento telefonico con i due complici. Dopo la partita Kenesei aveva parlato anche con Gegic (a sua volta collegato a Ivlesky e Zamperini). La quota di Kenesei sarebbe stata di 140.000 euro». Tra le prove della presunta combine, oltre ai riscontri telefonici su Mauri e Ferrario, legati a Zamperini, c’è il «possibile coinvolgimento di giocatori del Lecce» come Rosati, Benassi e Corvia. Ma soprattutto ci si sofferma su Vives, «già citato da Erodiani in occasione di Inter-Lecce», che peraltro «realizzerà un clamoroso autogol che fisserà il risultato sul 4-2 per i romani».

DAI BALCANI FINO A BARI


Osservano gli inquirenti: «Il gruppo transnazionale di area balcanica-ungherese-singaporiana ha esteso il proprio raggio di azione non solo condizionando le partite di Lazio, Genoa e Lecce ma anche del Bari utilizzando il circuito oramai noto, attraverso calciatori della compagine pugliese (Masiello, Parisi, Bentivoglio, Rossi) nonché il factotum della società barese Angelo Iacovelli, figure alle quali si deve necessariamente aggiungere Bellavista Antonio, ex calciatore del Bari, già indagato ed arrestato al termine della prima tranche dell’inchiesta Last Bet, il cui ruolo emerge come uno dei principali referenti dell'organizzazione transnazionale, all’atto della sua penetrazione in territorio italiano».

SCULLI, LA COSCA DI FAMIGLIA


Preoccupante e degno d’attenzione, per gli inquirenti, il fatto che «i meccanismi illeciti via via con maggior nettezza, a partire nel novembre 2010, da una partita decisamente di secondo piano quale Cremonese - Paganese, possano attirare l’attenzione e forse l’abbiano già attirata di soggetti e gruppi espressione della criminalità organizzata». E forse non è un caso che i riferimenti a mafia, ndrangheta, camorra spuntano ovunque. Il calciatore Sculli, ex Lazio e beniamino del Genoa, l’unico risparmiato dallo spogliarello imposto dalla curva rossoblu nel match col Siena del 22 aprile, sospettato d’aver raccolto soldi per la combine fra le «sue» squadre del cuore («egli risulta essere già stato implicato, e quindi squalificato dalla giustizia sportiva per otto mesi, per la partita di B, Crotone-Messina, del 2001) ha rapporti con personaggi molto particolari: suo uomo di fiducia è il pregiudicato albanese Altic Safet, coinvolto in un traffico di droga, già vicino alla cosca siciliana Fiandaca con radici a Genova. Per le frasi a lui attribuite su Sculli, si arrabbia da pazzi il latitante Iliesky intervistato da Mensurati e Foschini di Repubblica, probabilmente - ipotizza la procura - per via «dei legami di parentela che collocano Sculli in un contesto degno del massimo rispetto». Tant’è che lo Sco annota: «Per i suoi rapporti parentali, Sculli non è estraneo al mondo della criminalità organizzata. Egli è nipote dell’esponente di spicco della 'ndrangheta Giuseppe Morabito detto Peppe Tiradritto, un mondo potenzialmente interessato a trovare canali di investimento e di riproduzione delle somme di cui dispone».

CAMORRA E CONFIDENZE ULTRAS

Per non farsi mancare niente salta fuori pure un pluripregiudicato coi fiocchi spesso in contatto con l’onnipresente Zamperini. Si tratta di Angelo Senese, originario di Afragola, definito dagli inquirenti «elemento di spicco del clan camorrista dei Moccia, che emergerà anche nel corso degli accertamenti relativi alla partita Lecce-Lazio». Per restare in argomento Ilievski, tra una chiacchierata e l’altra con Cristian Bertani (ex Novara, ora alla Samp, nei guai per la presunta partita venduta tra Novara e Siena) si mette in contatto con Zoran Dimovski, originario di Skopje/Macedonia, «noto alla polizia per rapina e per fabbricazione, detenzione e commercio di armi da fuoco o materiale esplosivo». Per passare a Cosa Nostra, negli atti finisce una telefonata tra Altic e Guido Morso, di professione ultras genoano, «appartenente alla famiglia Morso, collegata alla cosca mafiosa Emanuello di Gela».

«CIAO FRATE’», PAROLA DI HOOLIGAN


Sculli e gli ultras sono un’unica cosa, come dimostrano «i rapporti con la parte più estrema degli “ultras” del Genoa, come Fabrizio «Trombolone» Fileni (anni fa, secondo l’accusa, venne bloccato con due rivoltelle mentre provava ad uccidere la consorte) e Massimo Leopizzi, incontrati nel ristorante con Criscito. Quanto a Leopizzi, già coinvolto in fatti concernenti l’alterazione dei risultati di partite di calcio e recentemente coinvolto negli incidenti avvenuti il 22 aprile 2012 allo stadio di Marassi». E che dire delle frequentazioni di Milanetto con Altic (i due si chiamano per nome, come se fossero legati da una consuetudine di frequentazione, Sculli utilizza con Altic un linguaggio amichevole fino al punto di chiamarlo sempre “frate”, e cioè fratello)».

LE CARISSIME «PORTE» DI KALADZE

Dalle intercettazioni spicca uno strano riferimento al difensore georgiano e genoano Kakhaber Kaladze. È Sculli, alle prese con una misteriosa «colletta», a procurare al pregiudicato Altic (incaricato, per la polizia, di racimolare soldi da puntare a Roma) nei giorni precedenti Lazio-Genoa, un contatto con «Kakha». Altic prende accordi per incontrarsi col difensore, poi lo chiama un pregiudicato di Alessandria: «Per la storia dei 50.000 euro delle porte, che c’ho la gente qua!». Altic capisce: «Sto andando a Milano da Kaladze, si sta comprando lui tutte le porte, vado lì e ti chiamo dai… ciao».

SALVO CHI SE LA CANTA E «COLLABORA»

Dopo i «pentiti» storici Gervasoni e Carobbio, altri protagonisti hanno scelto di collaborare ammettendo responsabilità importanti e ottenendo così il salvacondotto per evitare la galere. Si tratta dei giocatori Kewullay Conteh e Francesco Ruopolo. Il primo, già Albinoleffe, Piacenza e Grosseto, «ha ammesso di aver ricevuto somme di denaro, da Gervasoni e dagli "zingari", per contribuire all'alterazione delle partite di Pisa-Albinoleffe, Ancona-Grosseto e Grosseto-Reggina e ha rivelato anche la manipolazione, cui aveva partecipato, della partita Torino- Grosseto, vinta dal Torino, episodio sino a quel momento ignoto agli investigatori». Conteh ha indicato anche i nomi degli altri giocatori coinvolti tra cui i vari Acerbis, Joelson e Turati. Aveva comunque incassato personalmente in totale circa 46.000 euro. Quanto a Ruppolo, attaccante del Padova, «ha ammesso di aver aderito, ricevendo denaro da Gervasoni e dagli "zingari" alle combine per le partite Albinoleffe-Pisa (durante la quale Conteh aveva addirittura provocato rigore), Salernitana-Albinoleffe e Frosinone-Albinoleffe, guadagnando in totale 45.000 euro».

LE AMMISSIONI DAL MEZZO PENTITO


Parziali ammissioni, invece, quelle di Stefano Ferrario (amico di Zamperini) in forza al Lecce. Annota il gip: «Ha ammesso che poco prima della partita Lecce-Lazio nell’hotel Tiziano di quella città Zamperini, accompagnato da uno sconosciuto, lo aveva avvicinato dicendogli che c’erano “degli amici che volevano mettere dei soldi su quella partita“. Ferrario - è scritto nell’ordinanza - avrebbe interrotto subito il discorso comprendendo immediatamente le intenzioni dell’interlocutore ma anche tale circostanza contribuisce a coinvolgere nella manipolazione di tale decisiva partita Zamperini e le persone a lui vicine». Zamperini, però, secondo il gip non avrebbe raccontato tutta la verità a verbale: «Il 27.12.2011 l’indagato rilasciava dichiarazioni molto reticenti, limitandosi a confermare quanto non poteva comunque essere negato e cercando, soprattutto, di tutelare il nome dei più noti calciatori della massima serie che venivano messi in relazione alla sua attività illecita (soprattutto Mauri e Ferrario, notoriamente suoi amici di vecchia data)».

SIGNORI... DEL RICICLAGGIO

A Beppe Signori la “New Last Bet” riserva una nuova accusa: riciclaggio, in concorso con gli altri “bolognesi” Luigi Sartor e Daniele Ragone, e con Luca Burini che era l’uomo di contatto in Asia (vivendo in Cina). I quattro a maggio 2010 creano una società a Panama (Clewer Overseas) intestata a Ragone e Sartor, e verso ottobre accendevano quattro conti cifrati in Svizzera chiamati Elisir, Cannonau, Teroldego e Syrah. Versavano lì i soldi arrivati dai «signori delle scommesse» a Singapore, prima di girarli con bonifici o prelievi in contanti nei propri conti «italiani», così «ripulendo» il denaro e ostacolando l’individuazione del movimento di denaro e dei beneficiari», chiosa il gip. Che conferma l’ipotesi di riciclaggio, in quanto «è pacifico è che i predetti ben sapessero che quel denaro che proveniva loro da Singapore costituiva il provento delle vincite, e quindi dell’attività illecita».

LA EX VENDICATIVA DI SARTOR

A inguaiare Sartor, poi, provvede l'ex compagna, Jenny Saleh. Il gip di Parma ha rinviato a giudizio l'ex calciatore per maltrattamenti e lesioni in danno della ragazza, che si presenta in procura a Cremona e, scrive il gip, «smentisce del tutto il quadro riduttivo, di presunta buona fede e di parvenza lecita della vicenda offerto da Sartor nel suo interrogatorio».

VIERI E LA «FAMIGERATA» INTER-LECCE

Nell’ordinanza il gip parla della «famigerata» Inter-Lecce del 20 marzo 2011, la combine "millantata" dall'ex portiere Paoloni che finisce male e fa arrabbiare gli zingari. Nelle nuove carte, sembra invece che i «danni» li abbia provocati, non si sa che in modo, proprio la squadra nerazzurra, provocando scommesse in massa sull’over e facendo spargere la voce sul risultato sicuro. Il gip ricorda che l’ex calciatore di Modena, Pescara e Ascoli Ivan Tisci (160 contatti telefonici con Ilievski), «il 21.3.2011 alle 11,02 apprendeva da Bellavista che il boss (Tan Seet Eng) aveva in quel momento carenza di denaro da puntare (...). Tisci riferiva a Bellavista di essersi recato a Milano e di aver appreso dai giocatori, ai quali si era unito Bobo Vieri, che la squadra dell’Inter aveva fatto dei danni in quanto tutti avevano scommesso sull’Over per la notizia che si era sparsa in giro». Di un’altra presunta combine aveva parlato lo scommettitore pescarese Erodiani, che al pm parla di Inter-Chievo 4-3. E la partita, a suo dire, l’avrebbe «fatta» il sodale Pirani, «perché era amico di Pellissier (calciatore del Chievo perquisito ieri, ndr). Me l’ha detta Pirani che l'anno prima aveva giocato Inter-Chievo e fecero una marea di gol». Il pm chiede se erano «pianificate» anche le marcature del Chievo, Erodiani risponde di sì. Il pm insiste: «Aveva ricevuto il benestare della squadra avversaria?».

«Sì».

Commenti