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È un campionato anti-Nazionale

Via Balotelli e Immobile, le punte azzurre. Pirlo fermo un mese. Invasione di stranieri scarsi, poco spazio al made in Italy

Vecchi stadi vuoti, violenza e anemia di campioni, benvenuti nella serie A 2015
Vecchi stadi vuoti, violenza e anemia di campioni, benvenuti nella serie A 2015

Non ci voleva il Brasile e neppure tutto quanto ne è conseguito. Non ci voleva la patetica figura del Napoli a Bilbao. Non ci voleva un mercato da cappello in mano: le nostre presunte grandi squadre costrette a vendere o a sperare di vendere. Non ci voleva tutto questo per risvegliarsi a caccia di emozioni, per credere in un campionato più attraente, innanzitutto da punto di vista tecnico, poi da quello spettacolare. Campionato con diverse, magari incuriosenti, novità in panchina. Campionato intinto nella solita melassa dei turlupinatori che lo fanno vedere bello a prescindere. Ci mancherà ancora la qualità, non sono i Cerci e gli Insigne a portarcela. Se la nazionale ha problemi di uomini e di seta pura, la serie A ci mette qualche pezza con gli stranieri. Sempre troppo poco.

Dovremo sperare nella incertezza della mediocrità. In questi anni la Juve si è elevata sopra tutti e per le inseguitrici sono stati solo sospiri. Chissà che l'assenza di Conte dallo spogliatoio, qualche minimo segnale di imborghesimento e di appagamento, non permettano alle altre di avvicinarsi. La Roma dovrebbe sfruttare l'opportunità: stavolta o mai più. L'Inter non ha più chances di riparazione. Mazzarri non ha più alibi, la squadra è stata tonificata e migliorata con logica calcistica. Intendiamoci, siamo sempre ad un secondo livello in Europa, non certo al primo. Il Milan con il cappello in mano dipinge il peggior quadro di questo campionato e della sua recente storia. Tanto potè la crisi o l'incapacità gestionale?

A leggere e rileggere storie e pronostici degli ultimi quattro-cinque anni, tutto sembra immobile, tutto cambia perché nulla cambi: che si parli di gioco, idee di gioco, squadre, assetti dirigenziali, federazione compresa. Difficile pensare che il campo parli diversamente, che infili un filone diversificante e rigenerante. Il mercato è lo specchio dell'imbroglio perpetuato a danno dei tifosi: grande fumo e pochi giocatori di qualità in entrata. I migliori continuano ad andarsene. E la spiegazione non cambia mai: poveri club non hanno soldi, non possono controbattere la debordante ricchezza del resto d'Europa. C'è sempre qualcuno pronto a reggere la coda a dirigenti incapaci di trovare soluzioni alternative. Sono pagati per questo. Con i mecenati sanno essere tutti bravi. Ad ogni stagione se ne vanno i capocannonieri, ad ogni estate allenatori e giocatori raccontano film che non vedremo. Anche quest'anno aspettiamo ed aspettiamoci le sorprese. Il Napoli sembra già retrocesso al ruolo di incompiuta, la Fiorentina resta un fiore a gambo corto, il campionato esiste perché Juve, Milan, Inter e per ora la Roma lo trainano cercando di renderlo vivace e combattuto. Il resto è corollario, diavoletti dispettosi e nulla più. Capita anche nel resto d'Europa, anzi forse c'è meno varietà. Ma quando in Europa si fanno i conti, l'Italia del pallone retrocede inesorabilmente.

E la serie A diventa solo un parco dei divertimenti, il pollaio nel quale cerchiamo esaltazione e passione e dove spesso troviamo violenza.

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