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Il caso Palermo e una serie B ormai alla deriva

Da sinistra: Walter Tuttolomondo, Vincenzo Macaione, Salvatore Tuttolomondo, Alessandro Albanese e Roberto Bergamo
Da sinistra: Walter Tuttolomondo, Vincenzo Macaione, Salvatore Tuttolomondo, Alessandro Albanese e Roberto Bergamo

L'euforia per i Giochi dell'Olimpiade invernale svanisce nell'aria sciroccata della lega di serie B. Il caso Palermo è la bandiera stracciata di un mondo, quello del pallone, che non ha ancora capito e accettato doveri e responsabilità e arruffa il popolo per mascherare e nascondere le proprie colpe. Colpe contabili dinanzi alle quali le complicità del governo calcistico si sono moltiplicate negli anni. Senza andare a Lanza di Trabia mi basta ricordare Renzo Barbera, l'ultimo Gattopardo del calcio siciliano, e metterli a confronto con i contemporanei, un teatro di pupi ma che non ha pupari. La serie B è un torneo alla deriva, le sentenze dei giudici hanno ribaltato i verdetti del campo, le sceneggiate dei play off e dei play out (termine inesistente e senza traduzione) hanno aggiunto confusione e miseria a un sistema che non riesce a chiarire ruoli e interpreti degli stessi. Il Palermo è il simbolo di questa situazione rovinosa. L'epoca di Zamparini ha creato illusioni, alcune cessioni hanno portato nelle casse societarie milioni pesanti ma i costi e alcune operazioni non meglio identificate hanno provocato il tracollo.

Ma oltre all'equivoco della nuova proprietà si aggiunge la commedia, puntuale, delle fidejussioni e dei problemi tecnologici, alibi che accompagnano quasi tutte le vicende oscure dei nostri club. Accanto a banche e compagnie assicurative, autorizzate a rilasciarle, sono in circolazione società che non dispongono né del titolo né del denaro e hanno portato a truffe stramilionarie, non soltanto nel mondo del calcio. Ma quest'ultimo continua nel peccato, teme la rivolta popolare, non ha il coraggio di punire i responsabili, in alcuni casi viene loro affidato anche un ruolo istituzionale all'interno di comitati e commissioni. In un Paese normale molti dirigenti di club sarebbero finiti al gabbio e le loro società dichiarate fallite ma in Italia questo è possibile soltanto con club di rilevanza marginale. Se la serie B sta male, la serie C sta peggio con sessanta squadre non tutte in regola, come sempre. Avremo esposti, querele, ricorsi, appelli, fino al dodici di luglio, giorno nel quale il Consiglio federale darà il giudizio definitivo.

Poi, per non farci mancare nulla, ci sarà il Tar.

La storia continua, il Gattopardismo protegge chi, invece, dovrebbe uscire dal circuito, in silenzio, pagando i debiti e chiedendo scusa.

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